Rivedi la diretta Demo”crazy” e dittature
L’idea di democrazia non ha un’unica definizione, quella occidentale, ma si adatta e colora di una molteplicità di culture del mondo, tuttavia assistiamo a forme più o meno autoritarie, quasi delle dittature, indipendentemente dai continenti.
Il 27 gennaio scorso si è celebrato il Giorno della Memoria e occorre sempre ricordare cosa è successo nel cuore dell’Europa. Così scrive Edgar Morin ne I ricordi mi vengono incontro edito da Raffello Coritna editore: «Provo orrore per il nazismo, con quella fascinazione atterrita nell’assistere, sugli schermi cinematografici in cui vengono inserite le attualità cinematografiche, ai discorsi allucinati, ebbri di frenesia, di furore o di esaltazione di Adolf Hitler, Mi fa orrore anche il comunismo stalinista. Ero stato illuminato, ritenevo per sempre, dall’Urss dalla lettura di testi di vecchi comunisti disillusi, di resoconti danteschi dei processi di Mosca che condannano quasi tutti i dirigenti bolscevichi. Ecco le due minacce terrificanti, nazismo e stalinismo».
E oggi? Cosa hanno in comune Orbán, Morawiecki, Tshisekedi, Salman bin Abdulaziz Al Saud e tanti altri leader, premier, presidenti? Per non parlare di Putin, Maduro, Erdogan, al-Sisi, Modi, Duterte e così via, la lista è lunga e complessa. Tante democrazie, dotate di Costituzioni, con capi del governo regolarmente eletti che si impadroniscono di una sovranità che non è la loro, e che assomigliano a varie sfumature di grigi di dittature, da soft, morbide a hard, dure. Da Occidente a Oriente, da Nord a Sud, nessun continente è escluso. Dittature che non hanno un solo colore politico ma spaziano in tutto l’arco costituzionale variopinto di molteplici culture con un retrogusto autoritario molto diffuso.
In questa diretta Facebook parliamo di Ungheria, Arabia Saudita e Repubblica Democratica del Congo cercando di leggere i fatti con l’ottica della ricerca della verità e della carità.
Quali sono le ragioni della guerra dell’Arabia Saudita allo Yemen? Che impatto ha sulla popolazione civile? Si può parlare del Vietnam dell’Arabia Saudita?
Qual è la situazione politica nella Repubblica democratica del Congo, si può parlare di fatto, di una forma di dittatura democraticamente eletta? E in Burundi e in altri Paesi come il Ruanda, la Costa D’Avorio, l’Uganda?
Com’è possibile che nella regione dei Grandi Laghi si conduca una guerra non dichiarata che in 20 anni ha provocato almeno 6 milioni di morti, o che il Kivu sia praticamente occupato da forze straniere, pur essendo territorio della R.D. del Congo?
L’Ungheria, vive se si può dire, una sorta di adolescenza della democrazia e i processi di formazione delle nazioni non si sono ancora conclusi. Com’è la situazione politica in Ungheria, dove Orbàn governa con una maggioranza di 2/3 e l’opposizione è divisa? Ci puoi delineare un quadro generale? Quali sono le cause che hanno portato a questa situazione?
Sono alcune delle nostre domande. Rispondono i nostri ospiti: Michele Zanzucchi, giornalista e scrittore, già direttore di Città Nuova. Ha girato il mondo, ha visitato più di 150 Paesi del mondo, gli ultimi 3 li ha trascorsi in Libano e ora si trova a Firenze dove lavora come professore incaricato, nel Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche, Economia e Management dell’Istituto universitario Sophia. Ghislaine Kahambu Kambesa, giornalista della Repubblica Democratica del Congo, da 20 anni vive nella capitale Kinshasa e lavora da 14 presso l’ambasciata del Belgio. Pàl Tòth, già docente di comunicazione presso l’Università cattolica di Budapest in Ungheria e ora docente a Loppiano (Istituto universitario Sophia).