Gela, emergono nuove necropoli

Nella città, colonia greca fondata nel VII secolo avanti Cristo, è stato scoperto un sarcofago quasi integro con l’obolo di Caronte, la monetina che il defunto doveva pagare al traghettatore dell’Ade. Qualche giorno fa rinvenuta un’Hydria, un’urna funeraria con le ossa di un neonato.

Per Gela non è una novità. I ritrovamenti archeologici in città si sono susseguiti spesso nel corso degli anni. Nelle ultime due settimane ci sono stati due importanti scoperte, in via Butera e in via Di Bartolo.

L’antica città greca, fondata probabilmente nel 689 avanti Cristo, fu la seconda colonia in Sicilia, dopo Siracusa e ben 108 anni prima di Agrigento. L’abitato era molto esteso e comprendeva anche la cinta muraria sul mare. I resti di ciò che fu una delle più antiche e importanti città greche siciliane emergono da più parti. Gli scavi,  effettuati per la realizzazione di opere pubbliche o di abitazioni private, spesso riservano delle sorprese.

È di due settimane fa la notizia del ritrovamento di un antico sarcofago, nel cuore della città storica, in via Butera. Nella zona si stavano effettuando degli scavi per la posa di alcuni cavi Enel, con la supervisione della Sovrintendenza.

Durante questi scavi è venuto alla luce un sarcofago in terracotta con coperchio a spioventi. All’interno c’era uno scheletro quasi integro: si trattava di una persona alta 1,60 centimetri, probabilmente un maschio. All’interno del sarcofago, nessun corredo funerario: ma nel cranio c’era una moneta, finita forse lì a causa del crollo del coperchio. La moneta non è stata ancora datata e gli accertamenti potranno dare ulteriori elementi sulla datazione della tomba. Ma essa, secondo gli studiosi, costituisce un elemento peculiare: documenta l’usanza del cosidetto “obolo di Caronte”, il rituale che portava a seppellire i propri cari con il corredo di una moneta che il defunto avrebbe dovuto pagare al mitico traghettatore per ottenere il passaggio nell’Ade. Si tratta di un elemento presente nella mitologia classica e che il ritrovamento della tomba di Gela documenterebbe anche in questa zona. Poco distante, nei giorni scorsi, era stata rinvenuta una mezza coppetta in ceramica verniciata, probabilmente del IV secolo avanti Cristo. Ma nella zona erano state trovate anche altre ceramiche nonché contenitori tipici del periodo ellenistico.

vaso-per-la-sepoltura-ritrovato-a-gela-con-le-ossa-di-un-neonatoUn’altra scoperta è stata effettuata quattro giorni fa. In via Di Bartolo, nel cuore del centro storico, durante i lavori di messa in posa della fibra ottica, è stata individuata una necropoli probabilmente di epoca arcaica, risalente addirittura al VII-VI secolo avanti Cristo, cioè al primo periodo di fondazione della città. Sono state trovate due sepolture. La più antica è un’Hydria, un vaso utilizzato come urna cineraria: all’interno ci sono i resti delle ossa di un neonato. La necropoli è stata molto frequentata: ci sono resti e tracce di stile proto corinzio, corinzio ed attico. La presenza di più necropoli, in un’area molto vasta, restituisce la dimensione di una città densamente abitata, in secoli diversi.

Sempre in via Butera, altri cinque scheletri erano emersi nel febbraio scorso. C’erano tre uomini, una donna e un neonato. Forse era il figlio, forse tutti gli scheletri appartenevano a una stessa famiglia.

A gela sono ancora visibili anche le Mura Timolontee, con i quartieri ellenistici di Capo Soprano, la villa ellenistica di via Romagnoli, la necropoli di Pian Notaro e quella di contrada Manfria, il Thesmophorion di contrada Bitalemi (dedicato al culto di Demetra), zona scavata anche da Paolo Orsi e dov , già nei decenni passati, sono stati trovati numerosi resti: vasi, oggetti votivi, graffiti.

Inoltre, nella zona era state ritrovate tre navi, probabilmente del V secolo avanti Cristo: si tratta di inbarcazioni commerciali, forse provenienti da Siracusa. Due sono state trovate nei pressi di contrada Bulala, ad 800 metri di distanza dalla costa, una terza, scoperta di recente, è stata individuata nella zona vicina alla foce del fiume Dirillo (al confine tra le province di Caltanissetta e Gela), durante i lavori di scavo per la realizzazione del gasdotto libico.

Gli scavi proseguiranno anche perché si può supporre che il sarcofago ritrovato possa essere in connessione con una necropoli della zona. Lo scheletro sarà rimosso e destinato allo studio scientifico.

A Gela, come altrove, la difficoltà è quella di reperire risorse per proseguire gli scavi, non sempre possibili in una zona profondamente urbanizzata, nel cuore dlela città storica. Ma un ulteriore rischio è quello dei tombaroli, sempre in agguato e in cerca di lucrosi guadagni.

È di qualche giorno fa la notizia della scoperta di una holding criminale in Calabria, dedita da anni al furto e all’esportazione illecita di reperti archeologici. Il vasto traffico è stato scoperto grazie alle indagini della procura di Crotone, avviate già nel 2017. Sono state eseguite numerose perquisizioni in tutta Italia, sono stati recuperati numerosi reperti archeologici per un valore di alcuni milioni di euro; 23 persone sono state arrestate.

Una notizia salutata con favore anche dal ministro per i Beni culturali Dario Franceschini, da sempre molto attento sulla tutela del patrimonio archeologico. Fu tra gli artefici del rientro in Italia della famosa “Dea di Morgantina”, oggi esposta al Museo di Aidone, in provincia di Enna, e proveniente dal Paul Getty Museum di Los Angeles, dove era arrivata illecitamente dopo essere stata “scavata” nella zona di San Francesco Bisconti, nei pressi dell’antica Morgantina.

La Sicilia e la Calabria sono piene di ricchezze. Le scoperte si susseguono e la storia di questa terra viene raccontata anche attraverso i resti del passato.

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