Ritrovarsi dopo la separazione
Ci sono due movimenti interni a mio avviso importanti che i membri di una coppia che vuole riprendere una relazione dopo una separazione o un divorzio devono tener presenti. Essi sono contrapposti ma ambedue necessari:
- Il primo ha a che fare con il bisogno di proteggersi per non essere più feriti, e questo è un movimento di chiusura. Esso è naturale, fisiologico e in un’ottica di relazionalità esprime l’accortezza che i partner in una relazione intima devono avere quando si rivolgono l’uno all’altro su tematiche delicate, soprattutto se esse hanno a che fare con la fase precedente di separazione. Ciascuno ha i suoi tempi per curare e far cicatrizzare certe ferite. Come in un percorso graduale, mano a mano che i coniugi si sintonizzano empaticamente l’uno sulle modalità dell’altro, riescono a comprendersi e sostenersi, e la capacità di fidarsi e di ri-affidarsi cresce.
- Il secondo movimento ha a che fare con la scoperta del nuovo, e questo è un movimento di apertura. Esso è in relazione profonda con la libertà interiore di essere in un ascolto dinamico di sé ed esprimersi con congruenza; con la capacità di esprimere i propri bisogni e vissuti senza strumentalizzarli; con la disponibilità a leggere il nuovo che c’è in sé e nell’altro e con la possibilità che ci si da e che si offre di lasciarsi stupire nel cambiamento. Se si è troppo attaccati all’idea pregressa dell’altro, questo meccanismo si inceppa ed occorre cambiare gli occhiali, o quantomeno pulirne le lenti.
Affinché questi processi si sviluppino, è necessario che nella fase di distacco si siano percorse alcune fasi importanti per la rielaborazione di sé e della relazione.
Nel ricominciare la messa in gioco di sé è totale. Emozioni e vissuti riaffiorano quando meno ce lo si aspetta. Il pensiero laterale di cui come esseri umani siamo dotati, ed attraverso il quale possiamo osservare la medesima situazione da più angolazioni contemporaneamente, permette di osservare dalla propria visuale ma anche da quella dell’altro. Contemporaneamente convivono più consapevolezze, il vecchio ed il nuovo si sovrappongono e con essi la paura di un nuovo fallimento e la fiducia che questa volta sarà la volta buona. Districarsi tra esse non è semplice. E proprio per questo molti preferiscono investire in nuove relazioni per non affrontare queste zone d’ombra emotive interne.
L’atto del guardare a sé ed all’altro con categorie “nuove” o “obsolete” è un’attitudine e come tale si può allenare. Nel primo caso si rinforza il processo di cambiamento, nel secondo lo si nega.
Anche la fiducia cresce nella misura in cui si sceglie di farla crescere, essa non cresce da sé. Va da se che l’atto della scelta è un atto importante, che solo se fatto in libertà e consapevolezza può generare la determinazione e la tenacia necessarie a generare un nuovo rapporto ed una nuova empatia relazionale, in cui al contempo si vede nell’altro colui che un tempo ha ferito ma anche colui che oggi soffre.
La relazione che si genera conduce necessariamente ad un livello di relazionalità molto più profonda e dialogica della precedente relazione finita male. L’atto del riscegliersi, nonostante il fallimento precedente è un atto che ha in se un potere rigenerativo. Non a caso molte coppie che si accingono a ricominciare partono da una dimensione di perdono, e si lasciano sostenere in percorsi di psicoterapia di coppia o cammini di condivisione ed autosostegno in piccoli gruppi come Retrouvaille, soprattutto lì dove la ferita è stata più profonda. E si scopre che ciò che un tempo era solo teoria, può essere anche realtà: ovvero che si è in cammino e che sulla strada si è in due.
È interessante notare che tra le statistiche Istat di matrimoni, separazioni e divorzi, non esistano dati anche parziali su chi riprende la relazione precedente. Questo trend così poco indagato finisce (secondo le supposizioni degli avvocati matrimonialisti, di sociologi e psicologi) nel calderone di coloro che ci ripensano per convenienza economica o per la paura del cambiamento, la fatica del ricostruirsi una storia, la solitudine emozionale, una relazione collaterale che non ha mantenuto le sue promesse, ecc. In questo calderone le esperienze, i vissuti, gli intenti, il coraggio di chi sceglie di ricominciare si annullano dietro al bisogno o all’interesse di un tornaconto.
Il ritornare insieme puntando sulla relazione e sul riinnamoramento non può essere una scelta di comodo, anzi, emotivamente è altamente scomodo. È un atto libero di messa in discussione di sé e di ciò che ha portato al fallimento della prima fase della relazione. È un dirsi vogliamo ancora credere nel nostro amore, nella relazione e vicendevolmente in ciascuno di noi. È decidere di scommettere questa volta con l’esperienza e la maturità affinché le cose funzionino affinché si possa dire “Buona la seconda!”