Ritratto di famiglia con tempesta

Chi lo dice che a giugno non escono bei film? Eccone uno che arriva da lontano, dalla terra di Takeshi Kitano e Akira Kurosawa

Chi lo dice che a giugno non escono bei film? Eccone uno che arriva da lontano, dalla terra di Takeshi Kitano e Akira Kurosawa. È opera del giapponese Kore’eda Hirokazu, già apprezzato in Europa per film come Nessuno lo sa (2004), Little Sister (2015) e soprattutto Father and Son, con cui ha vinto il Gran Premio della giuria al Festival di Cannes del 2013. Sono tutte pellicole sul tema dei legami familiari, tutte attente a ricordare l’importanza e la complessità del rapporto tra genitori e figli; esattamente come Ritratto di famiglia con tempesta, presentato sulla Croisette nel 2016 ma in arrivo solo ora nelle nostre sale. Siamo a Tokyo, di fronte a un uomo che ha smarrito la bussola, che ha sprecato il suo talento di scrittore e il grande dono di poter crescere un figlio insieme ad una moglie solida e assennata. Ora, dopo che per campare si è reinventato investigatore privato, tenta goffamente e teneramente di rimettere insieme i cocci, tirando fuori dallo spettatore, grazie all’avanzare delicato e dilatato di una narrazione calma ed elegante, sentimenti contrastanti, emozioni miste di speranza e di malinconia, insieme a riflessioni sul tempo che passa e che irrimediabilmente segna la nostra esistenza. È un film su come amare non sia semplice, su quanto umano sia perdere l’occasione per farlo, ma è anche un film su quanto si possa crescere e migliorare quando il tempo non è più dalla tua, su come sia possibile conquistare un equilibrio adulto quando ormai sembrava tutto perduto. È un film raffinato, che avverti sottile ma che lentamente ti riempie gli occhi, le orecchie e il cuore per l’impaginazione visiva, per la finezza dei dialoghi e per come i personaggi emanino netta credibilità. Capita che padre, madre e figlio si ritrovino tutti insieme nella stessa casa a ripararsi da una notte tonante e piovosissima, e che, dolcemente prigionieri di quello spazio, accettino che alcune cose siano definitivamente compromesse, ma che altre, forse, possano ancora essere salvate.

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