Ritratto della Siria
Corinna Mühlstedt è una giornalista tedesca che lavora in una radio locale. La scorsa settimana ha incontrato il
vescovo siro-ortodosso di Damasco, Mor Dionysius. Ha proposto a Città Nuova un'intervista al presule sulla diffcile condizione dei cristiani in Siria. La pubblichiamo per dar voce a chi pur nella fame e nel pericolo continua a resistere chiendendo la pace e un nuovo Paese senza che le armi abbiano l'ultima parola.
Ci spieghi un po’ com'è adesso la situazione a Damasco e in Siria
«Generalmente la situazione in Siria è molto difficile. In tante città le persone non hanno acqua, manca il pane. Damasco è controllata dal governo. In periferia invece ci sono i ribelli. Poi imperversano le battaglie e vengono coinvolti ingiustamente i civili. L’opposizione vigente non può determinare il destino di un Paese. Anch’io come vescovo cristiano voglio avere un nuovo Paese, ma quale Paese è possibile? Bisogna favorire il dialogo e in questo le grandi potenze come Europa e Usa potrebbero aiutarci.»
Ci racconti qualcosa di come si è vissuta la Pasqua ortodossa
«Tutti i cristiani della Siria dicono che Gesù è morto per i nostri peccati. Tutta le gente qui prega perché la risurrezione di Cristo sia anche risurrezione del nostro Paese. Sogno una dimensione nuova, risollevata da tutti i problemi del passato, raggiungendo finalmente una libertà per tutte le confessioni religiose e diritti per tutti.»
Ma come arrivarci?
«Io dico che dobbiamo pregare, perché la forza della preghiera a volte è invisibile.»
Ci vorrebbe anche una testimonianza d’unità tra tutte le chiese cristiane?
«Bisognerebbe raggiungere un’unica voce per garantire una risoluzione dei problemi dei fedeli.»
Quanti sono i cristiani in Siria?
«I cristiani della Siria sono circa due milioni, mentre gli ortodossi si aggirano sui centomila. Però oggi abbiamo un altro problema, l’immigrazione. C’è tanta paura ed insicurezza nel Paese e non si ha percezione positiva del futuro. Tanti pagano per uscire. Forse ha sentito di quella nave che è affondata nel mare a metà tra Turchia e Grecia. C’erano tanti rifugiati ed è affondata per le condizioni di mancata sicurezza. I trafficanti vogliono solo guadagnare soli e non gli importa nulla della sicurezza. So che nella parte nord occidentale della Siria la gente paga molto per uscire dal Paese».
C’è qualche ulteriore messaggio che vuole lanciare?
«Vogliono chiedere a tutti, non solo ai cristiani, ma anche a quelli di buona volontà di pregare per la pace nel mondo e non soltanto in Siria».