Ritorno in Parlamento
In Italia, Senato e Camera hanno commemorato Chiara Lubich. Come già avvenuto in Parlamento in Brasile e Uruguay.
Il diffuso brusio, il 18 marzo scorso, smette di colpo alle 12,42 e tutto si ferma nell’aula gremita. Terminato il dibattito sul ricorso ai decreti legge da parte del governo, si muta registro nella seduta n. 174. S’è alzato il presidente Schifani e tutti i senatori si mettono in piedi. Sembra proprio che stia per accadere qualcosa d’importante e d’insolito. E i responsabili del cerimoniale confermano: al di fuori delle figure politico-istituzionali, solo Madre Teresa di Calcutta, alla sua morte, aveva ricevuto analogo privilegio.
«Onorevoli colleghi, il 14 marzo di un anno fa, nella sua casa di Rocca di Papa, si spegneva Chiara Lubich», esordisce il presidente, dando avvio alla solenne commemorazione della fondatrice dei Focolari. Accenna alla «sua serena mitezza» e alle «doti di tenace sensibilità e coraggiosa accoglienza», spiega che il movimento poggia su «una spiritualità incentrata sul desiderio di incarnare nella società contemporanea la chiamata a tutti gli uomini ad “essere una cosa sola”», si diffonde sul «carattere politico – nel senso più nobile della parola – della presenza ecclesiale e sociale espressa dai Focolari». Infine, assieme agli auguri di buon lavoro alla nuova presidente Maria Voce, auspica «che la memoria dei risultati – davvero straordinari – conseguiti in questi anni sul cammino della pace e dell’unità tra i popoli e le religioni possa continuare a tradursi, come sta già avvenendo, in un rinnovato messaggio di speranza rivolto al mondo intero».
D’Alia (Udc), De Toni (Idv), Torri (Lega), Baio (Pd) e Santini (Pdl), prendono in sequenza la parola per commemorare a nome del proprio gruppo la Lubich. Nell’austera aula risuonano parole inusuali: quelle frasi del Vangelo cruciali per la fondatrice dei Focolari, e poi riferimenti a Giordani e al Movimento politico per l’unità, all’Economia di Comunione e all’Istituto universitario Sophia. Negli interventi c’è spazio anche per la confidenza, quando il leghista Torri racconta di aver visitato in gioventù la cittadella di Loppiano: «Quell’esperienza in parte ha cambiato la mia vita, nel senso che ho capito tante cose e ho ritrovato la mia serenità». Non è mancata la commozione, allorché la senatrice Baio ha sottolineato che «la grandezza di Chiara è nella follia di quel sogno: portare a Dio il mondo tra le braccia». Mentre tutti i senatori si sono girati di scatto verso il settore riservato al pubblico, nel momento in cui il senatore Santini ha fatto presente che dalla tribunetta stavano assistendo alla commemorazione dirigenti del movimento e parlamentari argentini, brasiliani e sudcoreani.
Nella Sala della Lupa, nel Palazzo di Montecitorio, il giorno prima Chiara era stata di nuovo “accolta” alla Camera. Vi tornava per la terza volta, dopo l’incontro con Giordani nel 1948 e la partecipazione come relatrice principale ad un appuntamento nel 2000.
L’occasione, adesso, è un convegno – “Chiara Lubich, un patto di fraternità per l’Italia e per il mondo” –, il motivo è la commemorazione da parte delle massime istituzioni elettive della sua figura e della sua opera, l’impulso è arrivato da deputati e senatori di diversi partiti che in gran numero hanno firmato una richiesta, accolta e valorizzata dai presidenti di Senato e Camera.
«La fraternità in politica è una sfida che rasenta l’utopia – commenta al termine il presidente della Camera Fini –, ma al tempo stesso, parafrasando Erasmo da Rotterdam, è sempre la lucida follia quella che può fare la storia. E l’insegnamento di Chiara è proprio anche nella possibilità concreta di mettere uomini e popoli diversi l’uno di fronte all’altro per ascoltarsi e per capirsi di più».
Davanti ad un folto pubblico di parlamentari (con delegazioni anche dall’estero) si era intrecciata un’efficace pluralità di letture dell’eredità della Lubich, quella di Gianfranco Fini e quella del ministro francese per le politiche urbane Christine Boutin, quella della vice presidente del Senato Rosa Angela Mauro e quella di Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di sant’Egidio.
Da donne a donna, accenti particolari. Per il ministro Boutin, «noi siamo qui gli eredi del sogno di un mondo migliore, secondo il progetto di Chiara Lubich. Sì, è possibile avere come obiettivo l’unità, anche quando si appartiene a schieramenti diversi e, addirittura, opposti: il segreto sta nella fraternità universale da collocare tra le categorie politiche fondamentali».
«Rimango ammirata – ha ammesso la senatrice Mauro – da ciò che Chiara Lubich ha saputo creare. Da politico e parlamentare resto ancora oggi stupita dalla capacità di penetrazione del suo messaggio. L’idea di una politica come reale servizio e l’orizzonte della fraternità che vi accomunano costituiscono un segno di speranza per l’umanità».
Al mosaico si sono aggiunte le parole di Maria Voce, che ha rilanciato la proposta di un patto di fraternità in modo che i politici possano disporre di «una lente purificante» e di «atteggiamenti di ascolto» al fine di poter servire al meglio il bene comune. Sulla strada tracciata da Chiara, ha poi rinnovato «l’impegno del movimento a camminare accanto ai parlamentari per approfondire il carisma dell’unità», anche con appositi incontri periodici che si tengono dal 2001.
Le due commemorazioni erano state precedute da un seminario internazionale di studio, organizzato alla Camera dal Movimento politico per l’unità. Attorno al tema “Una governance per la crisi. Politiche di fraternità” era stato fatto il punto sullo sviluppo della riflessione teorica e della prassi della fraternità come categoria politica attraverso il contributo di alcuni studiosi e di parlamentari anche di Argentina, Brasile e Sud Corea.