Il ritorno di Claude Lelouch
80 anni il 30 ottobre, 44 film. Il maestro della Nouvelle Vague, l’autore del celebre Un uomo, una donna, ritorna in sala con Parliamo delle mie donne. Un film autobiografico, visto che di figli ne ha sette, avuti da cinque donne diverse? Lui non lo nega. Anzi, afferma che il protagonista, Jacques, gli assomiglia sotto molteplici aspetti. Il fotografo anziano, che ha girato il mondo per lavoro, ha tradito appassionatamente le donne che ha avuto, ora si ritira sui monti dove vorrebbe venissero a trovarlo le quattro figlie, alle quali ha dato il nome delle stagioni. Le ragazze hanno una pessima considerazione di lui. L’amico medico inventa uno stratagemma − il padre è molto malato − e le donne arrivano. Inizia il confronto, il dialogo: difficile. Il passato pesa e le donne, a differenza degli uomini – secondo Lelouch − non riescono a perdonare. Ci vorrà un dramma perchè i cuori si sciolgano?
La bellezza della natura alpina sfolgorante non attenua la fibrillazione del racconto, distillato con estrema eleganza formale, i risvolti psicologici dolorosi e l’aria di sospensione tra verità e menzogna nei rapporti. Infatti, l’amico medico ha detto una bugia alle figlie pur di dare una consolazione al vecchio fotografo viveur. La realtà dell’amicizia virile è uno dei temi di questo racconto toccante, vero e aspro talora, ma assolutamente sincero. Possono gli amici mentire per salvare gli affetti e tentare una riconciliazione? È possibile perdonare e perdonarsi? Jacques vorrebbe chiedere perdono anche lui, ma è molto faticoso: forse lo farà, ma a modo suo.
Lelouch intreccia psicologia femminile e maschile, vicende di una famiglia allargata o meglio frantumata o mai esistita, disperata ricerca di affetto e di ricucire rapporti spezzati. È una resa dei conti che attende ciascuno alla fine della vita: implacabile, nonostante lo stile leggiadro di Lelouch, la sua finezza introspettiva, l’apparente scioltezza del racconto che sfuma il tragico in commedia.
Naturalmente, il tema principale è l’amore, visto come passione ineluttabile (Jacques non è pentito dei suoi tradimenti, forse li rifarebbe, ma della mancanza di rapporto con le figlie), come nostalgia e rancore (le donne faticano a dimenticare). Però la sofferenza del vecchio fotografo è vera come quella delle figlie. Lelouch offre il ritratto di una umanità dispersa, nessuna luce spirituale, cui fa da contrasto la luce della natura, l’aquila solitaria che consola Jacques. Amore, amicizia, perdono: tre temi risolti dal regista senza urti espressionistici, ma con calcolato equilibrio nel gioco delle parti. Così equilibrato da lasciare ancora molta sospensione.
Johnny Holliday, malato sul serio nella vita, dà anima e corpo al suo personaggio con naturalezza incisiva, insieme ad un gruppo di grandi attrici, fra cui Sandrine Bonnaire, Iréne Jacob, Jenna Thian.
Da non perdere.