Ritorno all’Orsigna

Il borgo sull'appennino pistoiese ha accolto per tanti anni Tiziano Terzani.Vi siamo tornati per capire “perchè” lo scrittore fiorentino l'abbia definito «l'ultimo amore».
molino di berto

Arrivare a Orsigna è relativamente facile, anche se sembra di perdersi a tratti. Una serie di curve e tornanti ti fanno salire su, fin quasi al confine con l’Emilia Romagna, dentro una sinfonia di castagni e alberi da frutto che si fanno palcoscenico per lepri, uccelli, insetti; un ecosistema che sembra essere rimasto fuori dal tempo, e forse a Tiziano Terzani piaceva proprio per questo.

 

Orsigna è un borgo piccolo, un’ottantina di abitanti in tutto, costituito da una serie di case ordinate in fila, con una chiesa quasi sempre chiusa dopo la morte del prete. Elisabetta accoglie tutti i visitatori nel suo negozio di alimentari, l’unico presente in paese, quando devono salire per cercare l’albero con gli occhi o i luoghi di Tiziano. Più avanti ecco il “Molino di Berto”, che offre la possibilità di partecipare alla macina delle castagne nel mese di novembre, da cui si ricava quella farina tanto preziosa.

Tutto intorno una vita semplice, scandita da arcani ritmi fatti di sole, pioggia, vento, dove i nati e i morti si conoscono tutti, perchè partecipi di uno stesso tesoro, di una stessa radice che va al di là della presenza dell’illustre scrittore, che comunque ha fatto conoscere questo posto nel mondo.

 

Lo si capisce conoscendo Nunziatina: di nero vestita, fiera delle sue rughe, curva sotto il peso degli anni e delle fatiche. Ci mette un attimo a spalancarti un sorriso e a raccontarti dove sei e dove devi per forza andare prima di lasciare il paese. L’offerta di un’anguria a dei perfetti sconosciuti come noi parla di un’ospitalità che non è semplice cortesia, ma è segno di una grande fiducia nell’altro, cosa che solo in certi posti ti puoi permettere. Lo stesso si avverte nelle parole di Nello, che sorseggia una birra davanti al bar, e in tanti altri abitanti incontrati e fermati per strada, mentre sistemano un fiore, si occupano dei «coniglioli», ma che soprattutto trasmettono una grande gioia per ciò che sono e ciò che fanno, insieme all’orgoglio, ancora sano, di essere orsignani. Ognuno, a modo proprio, vuole raccontarti e farti sentire partecipe della grande avventura che vivono ogni giorno, tutto l’anno.

E sotto ogni storia, quasi prepotente nella sua serenità, ecco farsi strada quella povertà grazie alla quale la valle è rimasta così verginale nella sua bellezza, e la sua gente così pulita nel dialogo e nel confronto con la modernità, che non è certo rifiutata, ma “gestita”.

È una condizione, quella che si vive all’Orsigna, che ha portato la gente a fare grandi sacrifici per mantenersi sani nei rapporti con la natura e con le persone: è un benessere fatto di poche e piccole cose, sempre però condivise: può essere un buon bicchiere di vino, una forma di pane appena sfornato, un ricordo forse sfumato e un dolore appena vissuto. Ma anche uno stupore inatteso, un desiderio ancora da realizzare o, appunto, una fetta d’anguria fresca.

 

«È un contentarsi di ciò che fa la novità ogni giorno – conclude Nello – dove risiede quella felicità umana che ti aggancia al bello e al vero. Pioggia, sole, bello o brutto, va sempre tutto bene, perchè è la vita che scorre e che ti passa sotto gli occhi. È un peccato non afferrarla in ogni condizione, qui te ne accorgi molto di più e impari il rispetto… O almeno noi crediamo così».

 

Per il grande giornalista e scrittore fiorentino, morto proprio in questo paesino nella sua casa rossa il 28 luglio del 2004, Orsigna rappresentava «l’ultimo amore» e si può ben capire il perchè. Girando oggi per questi luoghi non si trovano segni tangibili dei suoi numerosi soggiorni, da quando, fin da piccolo, il padre portava via da Firenze questo figliolo debole di polmoni per fargli respirare «l’aria bona».

 

Rimane però il segno del Divino, come lui spesso ha raccontato in tutti i suoi libri, e che ogni storia, anche quella di oggi, porta con sé. In un’intervista del 2001 Terzani aveva detto: «Almeno lasciamo questa valle come un’oasi dove la gente si può ricaricare, può ritrovare il senso della poesia, e il senso del Divino. Non quello con il crocefisso o con la mezzaluna, ma il Divino, il Divino che è intorno a noi, che è dentro di noi, ma che non si sente se uno sta dalla mattina alla sera con questi maledetti telefonini, se corre in queste autostrade».

 

È in questo ritorno continuo all’essenziale e al vero della vita il significato di ogni ritorno all’Orsigna. Non solo per Terzani, ma per ogni suo abitante, giovane o vecchio che sia. Arrivare all’Orsigna è relativamente facile. Sicuramente è più difficile andarsene.

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