Ritorno alla via Pàl

A Budapest, nei luoghi che hanno ispirato il capolavoro di Ferenc Molnár : un canto alla primavera della vita e ai suoi ideali a confronto col mondo adulto
I ragazzi della via Pal

Certamente non è più la via dei tempi di Molnár, ma con gli occhi della fantasia chi ha letto il suo capolavoro, rimanendone affascinato, può ritrovare «quella briciola di terreno arido e irregolare della città di Budapest stretto fra due case, quella piccola pianura recintata che significava per i ragazzi l’infinito e la libertà; e che rappresentava al mattino una prateria americana, al pomeriggio la pianura ungherese, la puszta, il mare quando pioveva, il Polo Nord d’inverno, sì, un vero amico che per divertirli cambiava il suo aspetto secondo i loro desideri».
 
I ragazzi della via Pál: è difficile che non abbiate letto o avuto in regalo negli anni della fanciullezza questo classico della letteratura giovanile, autore un Ferenc Molnár in stato di grazia. Che non abbiate trepidato per l’esito della disputa fra due bande rivali di ragazzi – quelli della via Pál, appunto, e le Camicie rosse dell’orto botanico – alla conquista di uno spazio libero per i loro giochi. O non vi siate indignati per il tradimento di Gerbér e commossi per la morte del gracile ed eroico Nemecsek.
 
Certo, se invece di arrivare allo scontro, le due bande si fossero messe d’accordo per giocare a turno su quel terreno incolto accanto alla segheria denominato grund, ci sarebbe mancato un vero piccolo capolavoro letterario. Ma siccome nel mondo degli adulti, a cui i ragazzi si ispirano, purtroppo ben raramente si è capaci di trovare soluzioni più ragionevoli e alternative alla guerra, ecco inevitabile la contesa. Con una differenza però: i giovani guerrieri di Molnár “giocano” soltanto alla guerra, e i loro codici etici di comportamento, con le loro idealità cavalleresche, sono in netta contrapposizione con ciò che accade nella guerra vera, facendole perdere quel carattere di violenza e di drammaticità proprie del mondo adulto.
 
Come è noto, dalla vicenda usciranno tutti perdenti: sia le Camicie rosse, scacciate dal loro rifugio nell’orto botanico, sia gli stessi vincitori della via Pál, in quanto sul grund appena conquistato la speculazione edilizia farà sorgere un fabbricato di tre piani. È il vero colpo di scena di questo romanzo dolceamaro, e non il sacrificio del biondino Nemecsek: una concessione, sia pure di livello, al romanticismo strappalacrime dell’epoca.
 
Inevitabile il confronto con Cuore. Ma mentre il romanzo deamicisiano risulta oggi decisamente illeggibile, retorico e moralista com’è, e appesantito dai continui interventi degli adulti, l’opera di Molnár, dove a parlare sono i fatti, i veri protagonisti sono i giovani e gli adulti fanno da comparse non sempre felici, è un riuscito approccio al pianeta giovani fatto con una grazia e una leggerezza come pochi altri autori: per questo ancor oggi, a distanza di un secolo, riesce a far vibrare certe corde dell’anima, anche nei lettori adulti.
 
Del resto – altro elemento di attualità – la mancanza di spazi ricreativi nelle grandi città continua a essere un problema. Di qui il successo mondiale del romanzo, del quale esistono almeno cinque riduzioni realizzate per il grande schermo, più una trasposizione televisiva del 2003 per la regia di Maurizio Vaccaro, girata totalmente a Budapest.
 
Per tornare allo spirito dell’opera, è il canto di una stagione irripetibile della vita che si conclude, dovendo fare i conti con i primi disincanti, ciò che determina fin dall’inizio del racconto un’aria di sospensione, di attesa di qualcosa che verrà a turbare la spensieratezza tipica dell’età giovanile. Non a caso tutta la vicenda si svolge e si consuma in una primavera che esalta la bellezza della vita, ma ne evidenzia al tempo stesso la transitorietà.
 
Una curiosità, infine, di cui forse pochi sono edotti: a partire dal secondo dopoguerra, proprio facendo riferimento al libro di Molnár, sono nati a Budapest i cosiddetti “Parchi Robinson”, il cui scopo è di restituire ai ragazzi uno spazio per il gioco. Analogamente, anche in seguito alla denuncia che Melville fece in Giacchetta bianca (1850) delle inumane condizioni dei marinai a bordo delle navi militari dell’epoca, si cercò di porre un limite a quei soprusi. Come a dire: anche un’opera letteraria può contribuire a cambiare la società.
 

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