Ritorno al Padre

Un tesoro da scoprire: la Pinacoteca Civica di Reggio Calabria. E un capolavoro di Mattia Preti che ci riguarda
Ritorno del figliol prodigo

Non solo tesori magno-greci e i celeberrimi Bronzi di Riace può vantare Reggio Calabria: esiste, nella città sullo Stretto, un patrimonio artistico di tutto rilievo, anche se meno pubblicizzato, di cui è un esempio eccellente la Pinacoteca Civica inaugurata nel 2008 presso il teatro comunale “Francesco Cilea”.  Fanno parte del percorso espositivo opere pittoriche e scultoree già di proprietà del comune o incrementate grazie a donazioni, acquisti e concorsi.

 

Un primo nucleo va dal XV al XIX secolo (e qui non posso non citare le due tempere su tavola San Girolamo penitente e l’Apparizione degli angeli ad Abramo, attribuite ad Antonello da Messina). Il secondo nucleo comprende invece opere che dal XIX secolo giungono fino all’epoca contemporanea. Spesso di estremo interesse, offrono complessivamente un panorama abbastanza variegato della produzione artistica in Calabria e, in genere, nel Sud Italia.

 

Se però dovessi indicarne solo una rappresentativa di questa Pinacoteca, pensando all’attuale Giubileo straordinario non esiterei a scegliere il Ritorno del figliol prodigo di Mattia Preti, il grande pittore seicentesco originario di Taverna, in provincia di Catanzaro (1613-1699), fatto cavaliere da papa Urbano VIII durante la sua attività a Roma, e per questo denominato “il Cavalier Calabrese”.

 

Questo grande dipinto ad olio (2 metri e 15 centimetri per 2 e 31) realizzato, sembra, intorno al 1675 dopo il secondo soggiorno napoletano del Preti, s’ispira alla parabola del padre misericordioso nei confronti del figlio pentito dopo una vita dissoluta, narrata dall’evangelista Luca. L’anziano signore, in ricco abito nobiliare, è raffigurato mentre accoglie con gesto amorevole il figlio emaciato e in vesti lacere, che si trascina verso lui invocando il suo perdono. Assistono alla commovente scena alcuni personaggi maschili e femminili in abbigliamento seicentesco; vigila dall’alto un angioletto addossato a una colonna del palazzo signorile.

 

Il soggetto del “Ritorno del figliol prodigo” –  molto in auge in epoca barocca per il suo prestarsi a scene teatralmente affollate – ricorre più volte in Mattia Preti, sempre con qualche variante. Ne è un esempio un altro capolavoro della sua piena maturità artistica che denota una forte influenza caravaggesca, oggi vanto del Palazzo Reale di Napoli. È precisamente il seguito della scena rappresentata a Reggio: ricevuto il perdono dall’anziano genitore, anche qui con i tratti tradizionalmente attribuiti a Dio Padre, il figlio minore viene da lui rivestito con abiti nuovi di accecante candore (la grazia divina), sotto lo sguardo partecipe di vari astanti.

 

In altre versioni rintracciabili in musei o collezioni private, spariscono i personaggi di contorno (quando non sono ridotti ad uno, sullo sfondo) e rimangono solo il figlio e il padre. In questi dipinti di formato più ridotto, riservati alla devozione privata e quindi di sapore più intimo, Mattia Preti si concentra sull’essenziale: l’abbraccio del perdono dato e ricevuto.

 

Tornando all’esemplare reggino, la disposizione delle figure in successione diagonale e la visione dal basso sottolineano efficacemente l’ascesa dell’anima penitente verso Dio che va premurosamente incontro alla sua creatura ferita e prostrata. Colpisce pure l’intensità dello sguardo fra i due, isolati in un mondo a sé nel gruppo dei presenti.

 

Ci sono opere che piacciono per il soggetto, il colore o il movimento, ma rimangono – per così dire – al di fuori di noi. Nel caso di un ritratto, il personaggio in questione si propone come nostro “tu”. Qui no: nel Ritorno fattosi specchio nostro, quel figlio prodigo ci rappresenta tutti; in lui è raffigurato ognuno di noi con le proprie pecche e il proprio bisogno di far sempre ritorno a un Padre che attende.

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