Ritorno a Cold Mountain

Anche se la tentazione è forte, non si può liquidare Ritorno a Cold Mountain come il classico polpettone storico-sentimentale. Basta solo la sequenza iniziale della battaglia di Petersburg, con la cinepresa che affonda letteralmente l’obiettivo nel carnaio del campo di battaglia, per capire che in questo film c’è, o ci potrebbe essere, qualcosa di più. Perché non capita molto di frequente che gli americani tornino sulla nascita della nazione, per parafrasare il celebre film di Griffith, e ancora più raramente che ne affrontino così di petto le zone più scomode e oscure. E puntare l’obiettivo sulla cieca violenza della guerra e l’orrore dei campi di battaglia, portandone alla luce tutta la sanguinaria assurdità, vuol dire in qualche modo affrontare senza pregiudizi uno dei momenti fondamentali della storia americana. Certo, la critica di Minghella non è radicale come quella di Kubrick o di Von Trier; non si mettono mai in discussione i valori, gli ideali, i fini, quanto i mezzi con i quali si eliminò lo schiavismo e si compose l’unità nazionale. Ma di questi tempi è un atteggiamento in assoluta controtendenza, soprattutto in una mega-produzione come questa, e non va sottovalutato. Ma il film ben presto prende un’altra piega e hanno facile sopravvento da una parte un bolso sentimentalismo di maniera guarnito di dialoghi inascoltabili e melassa allo stato puro, dall’altro, una violenza che perde ogni velleità pedagogica per diventare estetica, fastidiosa, quasi compiaciuta, puro ornamento. In qualche modo ne risente anche la regia, via via sempre più prevedibile, e i personaggi, appannati prigionieri di sé stessi in uno stanco ripetersi di situazioni, espressioni e sentimenti. La storia alterna due piani narrativi. Il primo racconta l’odissea del soldato sudista Inman che, ferito in battaglia, diserta e affronta un viaggio di centinaia di chilometri per tornare dalla sua Ada a Cold Mountain. Attraversa un paese allo sbando, devastato dalla guerra e dalla violenza di sudisti e nordisti che non risparmia neanche la popolazione civile. Il secondo ha al centro Cold Mountain, dove Ada, rimasta sola dopo la morte del padre, manda avanti la fattoria con il decisivo aiuto di Ruby, mentre la guardia nazionale spadroneggia indisturbata commettendo soprusi e violenze di ogni tipo. Il ritorno di Inman riunirà le due storie in un prevedibile, ma non scontato, finale. Regia di Anthony Minghella; con Jude Law, Nicole Kidman, Renée Zellweger

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons