Rispettare gli accordi con l’Iran
Era il 2003 quando tre Paesi europei (Francia, Germania e Gran Bretagna), con la partecipazione attiva dell’allora ministro degli Esteri dell’Unione europea, lo spagnolo Javier Solana, iniziarono faticosi e complessi negoziati con l’Iran per chiarire alcuni aspetti oscuri del programma nucleare che quel Paese aveva avviato. Più tardi si unirono Stati Uniti, Cina e Russia, ma ci sono voluti più di un decennio e diversi cambi di governo, specie a Teheran e a Washington, per arrivare all’accordo conclusivo del 2015: il “Piano d’azione congiunta globale”. Da una parte, gli occidentali si sono impegnati a togliere, progressivamente, le diverse tipologie di sanzioni imposte all’Iran (agendo anche alle Nazioni Unite in tal senso), dall’altra Teheran ha preso impegni seri a rendere il suo programma più trasparente e verificabile e a limitare le attività che potrebbero condurre alla costruzione di un’arma atomica. Come ha detto l’alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Federica Mogherini, si tratta di un accordo storico, che appartiene all’intera comunità internazionale. Un accordo che sconfisse, quando fu firmato, i “falchi” di una parte e dell’altra, che avrebbero voluto il confronto duro e persino il conflitto.
Ora questo patrimonio negoziale, faticosamente conquistato con pazienza e costanza, viene messo in discussione da uno dei più importanti protagonisti, gli Stati Uniti. Certo, come tutte le intese si tratta di un compromesso, e quindi contiene imperfezioni, possibili falle, difetti. Ma ha pur sempre risolto pacificamente una delle questioni più spinose nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. I rischi non riguardano solamente la tenuta dell’intesa, ma anche la saldezza della svolta moderata in Iran, con la presidenza di Rohani. Inoltre, il Medio Oriente non ha certo bisogno di nuove tensioni. Per ora, tuttavia, gli altri partecipanti all’accordo non intendono far saltare il piano d’azione. Una delle regole fondamentali del diritto internazionale è pacta sunt servanda: i patti vanno rispettati. Se gli accordi sono soggetti al cambiamento delle maggioranze politiche, il rischio è che venga meno la credibilità della diplomazia. E le reazioni già ci sono: il nuovo missile balistico iraniano è un segnale di nervosismo. Una crisi risolta sarebbe rimessa in discussione proprio quando ce n’è un’altra che incombe, quella con la Corea del Nord. Meglio evitarlo.