Risoluzione europea sui migranti, ma l’Europa non risponde
Il conto delle vittime del Canale di Sicilia evidentemente va suscitando qualcosa in Europa. La battaglia è dura perché molti sono gli interessi in gioco.
Alla fine di aprile il Parlamento Europeo ha assunto una risoluzione non vincolante indirizzata alla Commissione con un buon margine di sostegno: 449 voti a favore, 130 contrari e 93 astensioni.
Preso atto della solitudine (isolamento?) con cui opera l’Italia per soccorrere le persone e per recuperare i morti del Canale di Sicilia, il Parlamento Europeo aveva proposto delle linee di intervento ben precise: ampliare l’operazione Triton anche alle operazioni di ricerca e soccorso (attualmente è un’operazione di pattugliamento); fissare una "quota vincolante" per la ripartizione dei richiedenti asilo tra tutti i paesi UE; applicare le direttive che dispongono sistemi di protezione umanitaria in caso di sfollamenti massicci; dare maggiore contributo ai programmi di reinsediamento esistenti; definire sanzioni penali più severe contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti.
A distanza di dieci giorni la Commissione ha già preso seriamente in esame le proposte europarlamentari e sta definendo dei piani di intervento che, in ogni caso, prima di diventare operativi dovranno essere accolti e approvati dai singoli Governi. In queste sedi la battaglia si farà veramente difficile. Gli Stati membri non sono affatto tutti disponibili ad accogliere i migranti. Al momento sono coinvolti solo sei Paesi (su 28 che compongono l’Unione Europea).
Gli altri 22 in queste ore, a fronte della proposta del Presidente Junker, cominciano a prendere le distanze. La Commissione infatti invita gli Stati dell’Unione ad impegni precisi: si prevede l’obbligo per tutti Paesi ad accogliere una quota di migranti; si avvieranno delle specifiche missioni sulle coste della Libia per sequestrare e distruggere i barconi dei trafficanti di esseri umani; verranno potenziate le attività di intelligence per sostenere i Paesi africani per fermare i trafficanti di terra che percorrono le tratte nel deserto (e dintorni).
Purtroppo i tempi si prospettano lunghi e le decisioni degli Stati dell’Unione non sembrano orientate all’accoglienza.
Si direbbe un problema senza soluzione, ma la posizione assunta dall’Unione era impensabile sino a poche settimane fa eppure adesso qualcosa si è mosso. Quindi possiamo sperare che la strada intrapresa vada a buon fine.
Rendiamo giustizia tuttavia all’incessante impegno dell’Italia, sotto molti punti di vista, che da anni sta lanciando appelli all’Europa e finalmente, con il pesante fardello di migliaia di morti, riesce in qualche modo a svegliarla su un tema che riguarda il mondo.