Risolto il mistero dei gas di Fiumicino
Abbiamo incontrato Maria Luisa Carapezza, responsabile scientifico dell’attività svolta dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) per chiarire la situazione e per smorzare polemiche e paure a proposito delle emissioni di gas a Fiumicino.
Potrebbe spiegarci nel modo più semplice possibile il fenomeno che si sta verificando? Qualcuno ha parlato di geyser..
«Chiariamo che è improprio chiamarli geyser. I geyser sono infatti getti di acqua bollente, vapore e gas, caratteristici di alcune aree geotermiche dove si trovano a piccole profondità acque calde ricche in gas. Quelli di Fiumicino sono invece fenomeni “freddi” nel senso che la temperatura dei piccoli getti di acqua e gas è intorno a soli 15-20 °C, ben lontano dai 100 °C dei geyser. Emissioni accidentali di gas sono ripetutamente avvenute nella zona di Fiumicino negli anni passati, tutte causate dalle perforazioni di pozzi profondi meno di 100 metri, privi di dispositivi di prevenzione di tipo Blow out preventer (Bop) e mal cementati. L’incidente più grave, che ha messo in pericolo alcune famiglie, è avvenuto nel 2005, nella zona di Isola Sacra, molto vicino alla rotonda stradale dove si trova l’attuale emissione di gas. Allora, a causare l’emissione di gas fu un pozzo profondo solo 28 metri perforato dall'Acea per la messa a terra di una cabina elettrica. La causa di questi incidenti è dovuta alla presenza, a solo 30-40 metri di profondità e intercalato alle sabbie del delta del Tevere, di un banco di argille impermeabili che mantiene confinata una falda d’acqua ricca in gas e pressurizzata. Quando un sondaggio perfora questo strato di argilla che funge da “tappo” per i gas contenuti nella falda sottostante, i gas sfuggono alla superficie dando origine alle emissioni anomale».
A proposito delle emissioni, qualcuno ha parlato di “biogas”, altri di “gas di origine profonda”. Qual è la verità?
«Le analisi chimiche che abbiamo eseguito indicano che il gas è costituito quasi totalmente da anidride carbonica con una quantità inferiore all'1 per cento di metano, che dovrebbe essere il gas dominante se si trattasse di “biogas”. La composizione, tra l’altro, è identica a quella del gas emesso nell’incidente del 2005, prima ricordato. L’origine è pertanto profonda. Fiumicino si trova alla periferia di due vulcani recenti, i Monti Sabatini e i Colli Albani, che sono caratterizzati dalla presenza di molte zone di emissione anomala di anidride carbonica (ad es. Manziana, Palidoro, Tor Caldara, Solforata di Pomezia, Cava dei Selci). Queste zone di vulcanismo recente sono interessate dalla presenza di molte fratture che mettono in connessione le parti profonde con la superficie. Il gas di origine risale lungo queste fratture. In alcune zone (come quelle delle emissioni sopra ricordate), il gas arriva alla superficie e genera manifestazioni naturali permanenti, in altre, come a Fiumicino, ma anche nel X Municipio di Roma, il gas che risale si scioglie nell’acqua delle falde incontrate e rimane confinato anche a piccola profondità, se queste falde hanno una copertura impermeabile di argilla».
Le istituzioni sostengono che la situazione sia sotto controllo in quanto si tratta di fuoriuscite dipendenti da alcuni lavori effettuati dall’Italgas, mentre l’opposizione polemizza su possibili carotaggi relativi al sottopasso della Fossa Traianea. Altri tirano in ballo la conformazione del territorio e la vicinanza con l’area dei Castelli Romani, zona notoria per i suoi laghi vulcanici e i suoi terremoti. Lei quali tesi sente di poter più facilmente avvalorare?
«Dalle informazioni raccolte e dal rapporto tecnico fornito il 24 settembre dal Comune di Fiumicino è stato accertato che Italgasha perforato intorno a fine luglio due pozzetti per la messa a terra di una cabina elettrica, esattamente nei due siti dell’attuale emissione gassosa».
Su una scala da 1 a 10, quanti punti di vero pericolo ci sono per la salute dei residenti?
«L’anidride carbonica è un gas tossico molto pericoloso per persone e animali se aspirato in concentrazioni elevate. È anche un gas più pesante dell’aria e, in assenza di vento, tende a ristagnare e accumularsi nelle depressioni (fossi, scavi). Nel caso attuale l’unica zona potenzialmente pericolosa, soprattutto nelle ore notturne in cui cala il vento, è l’immediata vicinanza al punto di emissione che peraltro è stato opportunamente recintato dal comune e dove possono accedere solo gli esperti. Un altro pericolo, oltre all’emissione diretta del gas, è dovuto al fatto che il gas si infiltra nel terreno, nelle parti sabbiose superficiali molto permeabili presenti in tutta la zona, dove con il passare del tempo può raggiungere concentrazioni elevate e alimentare un flusso verso l’esterno che potrebbe diventare pericoloso. In sintesi, occorre disporre la chiusura delle emissioni perché il pericolo scenda sotto quota 1».