Riscoprire Wagner?
La domanda potrebbe suonare strana. Wagner è in repertorio nei teatri del mondo dall’Ottocento e la sua celebrità non ha mai conosciuto flessioni. Anzi, potremmo dire che della sua ispirazione geniale viviamo ancora oggi. Un esempio? Le colonne sonore dei film. Da decenni si ispirano a lui, all’uso di un tema sintetico e possente che si imprime subito nella memoria e poi, fantasiosamente variato in orchestra, ritorna come un vento gagliardo. L’occasione di ripensare all’influenza wagneriana sulla musica da film è venuta da un concerto all’Accademia romana di Santa Cecilia dove il direttore americano Alan Gilbert – un gigante dal volto buono, dal gesto trascinante – ha proposto, con il tipico entusiasmo made in Usa, una sua sintesi sinfonica di 50 minuti de L’Anello del Nibelungo. Ossia dell’immenso ciclo mitico scritto e musicato da Wagner e noto come la Tetralogia (l’Oro del Reno, la Valchiria, Siegfried, Il crepuscolo degli dei).
Siamo così passati dalla Cavalcata delle valchirie, all’Addio di Wotan, dal Viaggio di Sigfrido sul Reno, alla Marcia funebre di Sigfrido, al Sacrificio di Brunilde: brani diversi, raccordati fra loro da Gilbert come in un’unica vasta sinfonia mitologica con un metodo molto personale (manca l’Oro del Reno) e certo esaltante per l’orchestra. La quale si è espressa con un vigore impressionante in ogni sezione. Spettacolo grandioso dunque di sonorità affascinanti. Eppure, sorge un pensiero dopo tanto trionfo orchestrale. Ed è quello che il vero Wagner sia sempre da riscoprire. Oltre la visione panteistica del mito e della storia umana, oltre il lusso dell’orchestrazione che seduce, la vena amara dell’intimo Wagner si fa strada e, pur nascosta tra le pieghe sonore, emerge come dolore che vuole trionfare sulla morte. Wagner ha bisogno di dilatare a dismisura il racconto e il suono per dire quanto sia vasta la sofferenza umana, ma il nucleo essenziale è rapido: in fondo in Tristano e Isotta l’attesa di un bacio dura ore, ma in quell’attimo amoroso c’è tutto il mondo. Wagner scava nell’attimo che fugge come pochi nell’intera storia dell’arte.
Tutto ciò si percepisce nella Tetralogia reinventata da Gilbert, che però non scava e resta – d’altronde sarebbe forse stato impossibile – nella superficie di un affresco gigantesco che vuole assorbire il pubblico, e ci riesce, fino ad un certo punto. Musica-spettacolo.
Il pubblico, del resto, nella prima parte del concerto, era stato coinvolto dalla violoncellista Sol Gabetta – bionda e ritmata – che ha eseguito il Concerto per violoncello e orchestra di Bohuslav Martinù, spiazzante, deciso, per la passione della giovane donna, vestita di verde frusciante.