Riscoprire Macbeth

Su Youtube l’opera verdiana riflette su un tema sempre attuale: il fascino del potere
Macbeth 1997

Verdi nel 1847 e poi nel 1865 fece e rifece la musica del Macbeth, tratto dal dramma di Shakespeare. Il potere come fascino ma anche come tentazione diabolica che porta al male, anziché al bene del popolo, lo interessava. La storia passata e presente ne fornisce un gran numero di esempi.

Macbeth incontra le streghe – ossia il male – che gli predicono il regno. Affascinato, ne parla con la moglie, la Lady, che spinta dall’ambizione sfrenata lo conduce al delitto pur di conquistare il trono. Ma le conseguenze sono fatali: dolore per gli innocenti, e per la coppia follia e morte. Una parabola insanguinata sulla debolezza dell’uomo davanti al successo e al potere ma pure sui suoi frutti, ossia la disperazione, la solitudine. Una visione amara, scolpita da una musica potente, incalzante, anche misteriosa e quasi sempre notturna, da” ora delle tenebre”.

Su youtube fra le varie edizioni è memorabile quella diretta il 7 dicembre 1997 da Riccardo Muti alla Scala con un cast possente (Maria Guleghina, Renato Bruson, Carlo Colombara, Roberto Alagna) e la regia sanguigna di Graham Vick. Perché scegliere questa edizione e non altre prestigiose come quelle dirette da Abbado o Sinopoli, per citare due grandi interpreti scomparsi?

Il motivo è semplice. Muti condivide con Verdi il senso del teatro come vita, dramma incalzante, viscerale; la parola come voce dell’anima piena di sfumature, l’orchestra come altra voce “concertante”, ricca di colori, ma essenziale. Verdi (e Muti) non ama le lungaggini, le pause non richieste, l’espressionismo troppo ricercato.

Ci sono degli esempi memorabili. Il preludio con la voce della cornamusa insinuante come una serpe – la tentazione – fra i tromboni – il dramma -, poi il tema della follia: una melodia accorata affidata ai violini, che Muti rende intrisa di lacrime.

Il grande duetto fra Macbeth e la Lady del primo atto (“Fatal mia donna”) dall’accompagnamento nervoso, beethoveniano, in cui le voci sprigionano ansia e timore, rimorso per il primo delitto e allontanamento da Dio. L’orchestra scaligera rende il brano  lo spasimo per la morte non solo del re, ma della coscienza dei due protagonisti.

La scena del IV atto del “sonnambulismo”. La Lady cieca e folle tenta disperatamente di cancellare dalle mani le macchie del delitto – del peccato -, ma non ci riesce. Le manca la fede in un Dio perdonatore. La melodia tristissima si alza come un lamento universale del dolore, un rimpianto: Verdi mostra qui un cuore “misericordioso” per il fallimento di una vita così come lo farà nell’ultima aria di un Macbeth che riconosce le conseguenze di una scelta sbagliata (“Pietà, rispetto, amore”).

Ascoltando questa edizione, si rimane sbalorditi dalla qualità dell’interpretazione, del suono “ventoso” e misterioso in tanti brani cruciali, del sentimento della notte fisica e spirituale che Verdi-Muti hanno colto in questa riflessione drammatica sulla illusione umana del potere come felicità personale, anziché come possibilità di bene.

 

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