Riscoprire la cultura per incontrarci come italiani

L'Italia è al 23esimo posto tra i Paesi europei per fruizione di prodotti culturali. La politica di tagli e il disinteresse rischiano di impoverire drammaticamente il settore. Non si può però delegare solo alle leggi e alle amministrazioni, serve la società civile
Il teatro greco di Catania

A volte qualche opinionista ci dipinge ancora come un popolo di artisti e poeti e qualcun altro come la nazione con il maggior numero di opere architettoniche e pittoriche rispetto a qualunque altra al mondo, per poi dipingere lo sfacelo in cui naviga il turismo in Italia.

Altri sottolineano la capacità italiana di produrre “cervelli” e la “fuga” a cui li costringiamo nell’incapacità di dare forza alla ricerca. Ma a guardare i dati dell’eurobarometro sulla cultura e la sua incidenza in Italia, la piaga sembra essere un disinteresse verso i prodotti culturali nel loro insieme, fatto salvo forse solo il cinema. La graduatoria nella partecipazione a spettacoli di ballo, musica, teatro, programmi culturali televisivi ci vede al 23esimo posto tra i Paesi europei.

Un ennesimo allarme che sembra suonare a vuoto sui nostri telegiornali e quotidiani. Eppure suona e guardare in faccia il fenomeno, cercarne le cause e offrire qualche via d’uscita è doveroso.

A guardare la statistica dell’interesse per il mondo della cultura in Italia viene da dire che a tutti gli effetti la poltrona e il telecomando hanno segnato nell’ultimo ventennio la vita quotidiana degli italiani, stretti sempre più tra le ristrettezze che la crisi economica impone, la pigrizia ad uscire dai propri orizzonti quotidiani e la ricerca di una libertà illusoria nelle quattro pareti di casa, visto che dietro l’angolo sembra sempre affacciarsi qualche rischio.

Ma se questa è una cruda analisi della condizione del privato cittadino, certo in questi anni non c’è stata un'attenzione politica al fatto culturale. Anzi è bene dire che c’è stato un atteggiamento miope, piagato da interessi personali o di parte, che non ha guardato al fatto culturale come a un elemento significativo nella produzione del Pil nazionale. Se in questi anni non c’è stato sostegno al cinema, al teatro, alla musica, all’editoria questo ha comportato non solo un aumento del prezzo dei biglietti, ma anche una riduzione della capacità concorrenziale dei nostri prodotti culturali rispetto al mercato internazionale.

Ma ancor più grave sembra essere un altro aspetto. Come pretendere di vedere cittadini interessati e coinvolti dall’offerta culturale quando è evidente ad ogni telegiornale che vengono fatti e promessi tagli sempre più sostanziosi al settore e alla scuola di ogni ordine e grado? Investire nell’istruzione e nella cultura non può essere solo una bella parola che qualche politico ritiene opportuno intercalare ad altre questioni.

Investire nella politica e nella scuola significa dare possibilità di sviluppo alla creatività artistica e culturale, che aspetta solo che alla burocrazia e alla raccomandazione si sostituisca l'attenzione alla qualità e alla diffusione della cultura.  

La cosa fa pensare che ciò che è culturalmente significativo appare in Italia faticoso e troppo impegnativo. Del resto sembra interessante notare che perfino nella formazione liceale le proposte di sperimentazione che si vanno attuando non sembrano dare spazio all’acquisizione di sensibilità e competenze culturali complessive, ma all'accorciamento dei tempi della scuola con la riduzione dell’ultimo anno del liceo, tanto si può svolgere il programma in meno tempo con i più bravi e mandarli a ingrossare prima il vasto gruppo dei giovani diplomati e laureati.

Ripensare il momento culturale come incontro, stimolo, occasione di dialogo e di sviluppo delle relazioni personali è la pista da seguire per la scuola e prima ancora per la politica. Ma questa non è solo una questione di decisioni legislative e amministrative volte a favorire la ripresa dell’industria culturale, ma anche una presa di coscienza della società nel suo insieme, che dove riscoprire, pena l'immediato l’impoverimento del Paese sul piano culturale e conseguentemente economico, il valore del prodotto culturale come occasione di arricchimento della propria vita personale e collettiva.

Recuperare questo valore che l’incontro con un’opera d’arte, uno spettacolo teatrale, un testo o un concerto ha per le singole persone e per le famiglie, significa riscoprire la bellezza di incontrarsi, significa superare l’illusione che l’unico valore a cui puntare è l’individuo consumatore, chiuso nel suo bozzolo, capace solo di relazioni mediate dai sistemi telematici e televisivi.

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