Rischio povertà ed equità fiscale

Anziani

«Siamo tre sorelle. Io ho dedicato larga parte della mia vita all’insegnamento nella scuola elementare, educando i miei allievi al rispetto dei “valori”. Ma ora, anziana, invalida, vivo ospite in casa delle mie sorelle ed ho, abbiamo bisogno di continua assistenza: del cardiologo, dell’infermiere, del fisioterapista, della badante, tutti da retribuire. Purtroppo però lo Stato non mi dà alcun aiuto, anzi il carico fiscale per tasse e imposte falcidia di una metà il mio reddito, mentre la residua metà se ne va per le spese di manutenzione straordinaria».

Calafiora Agata

 

Cara signora Agata, il suo è un cruccio che condividiamo tutti noi, e con noi tutti coloro che sono sensibili alle difficoltà economiche e in generale esistenziali in cui si svolge la vita di alcune persone, specie se anziane e prive di assistenza e di redditi sufficienti. Non è un caso che in una recente indagine svolta dall’Istat sulla situazione economica del nostro Paese a preoccupare di più pare sia l’esposizione al rischio di “vulnerabilità economica”: cioè l’impossibilità o la difficoltà a fare fronte a spese impreviste. Una persona su cinque – rileva l’Istituto di statistica – è a rischio di questa “vulnerabilità economica” e circa un milione e mezzo di famiglie (6,3 per cento del totale) denunciano, oltre a seri problemi di bilancio e di spesa quotidiana, più alti rischi di arretrati nel pagamento delle spese dell’affitto e delle bollette, nonché maggiori limitazioni nella possibilità di riscaldare adeguatamente la casa e nella dotazione di beni durevoli.

Evidentemente quella esposta è una percentuale non elevatissima, ma il livello di civiltà di un Paese si registra proprio nel prendere a cuore i problemi di chi più soffre.

In questa direzione si è tentato di muovere qualche passo: basti pensare al “bonus” straordinario (fino a mille euro) previsto dalla legge n. 2/2009, erogato a favore di chi risulti titolare di redditi non eccedenti una determinata soglia o anche a favore del nucleo familiare in cui figurino familiari a carico portatori di handicap qualora il reddito complessivo familiare non sia superiore a 35 mila euro; oppure alla “social card” che è una sorta di carta di credito per effettuare acquisti di generi alimentari o per pagare bollette di pubblici servizi, e sulla quale vengono accreditati 40 euro al mese.

Ma è evidente che non si tratta di soluzioni idonee a garantire un “dignitoso” livello di vita soprattutto alla fasce di cittadini meno abbienti. Si assiste insomma ad un distacco incolmabile tra l’accresciuta onerosità delle condizioni “normali” di vita e i rimedi per affrontarle affidati alle mani dei soggetti economicamente più deboli e meno autosufficienti: un salto che nasce anche dalle distorsioni di una politica previdenziale ed assicurativa ormai datata. Ma nasce anche da una legislazione fiscale poco flessibile: non si tratta infatti solo di assicurare sussidi stabili e decorosi a favore di chi più ha diritto, ma anche di modulare i prelievi fiscali a carico di ciascun cittadino realmente in proporzione di quella “capacità contributiva” che costituisce un punto fermo della nostra Costituzione.

La capacità contributiva, non può essere a sua volta solo un dato ancorato alla questione “reddito”, ma deve essere valutata complessivamente e soprattutto considerando le reali condizioni di ciascun cittadino. Sì da consentire che, pur in presenza di un reddito, il soggetto, non più economicamente attivo, possa essere tenuto ad un carico fiscale “equo”, in quanto rapportato alle sue effettive capacità di auto-sostentamento.

Inoltre sarebbe pensabile che venga consentito ad altri cittadini (magari in età e in condizione di produttività economica) di esprimere l’opzione di devolvere una quota minima delle imposte da essi versate allo Stato alla formazione di un “fondo nazionale di solidarietà” a favore dei cittadini meno abbienti o semplicemente a compensazione delle minori entrate fiscali.

Urge, insomma, che il rapporto fisco-cittadino sia impostato su basi di rinnovata fiducia, e nel contempo che questo rapporto si evolva verso una legislazione fiscale modellata sui bisogni e sulle reali possibilità e capacità dei cittadini ed ispirata a valori di solidarietà effettiva.

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