Rischiare la vita per difendere l’ambiente
Difendere la natura sta costando caro a troppa gente. Sono almeno 227 le persone assassinate per tale ragione nel 2020 secondo le stime di Global Witness, la gran parte in America Latina. La metà degli omicidi si sono verificati in Colombia, Messico e Filippine, mentre – salvo un caso – non ne sono avvenuti in Europa, America del Nord ed Oceania.
Ma gli omicidi sono appena la punta dell’iceberg di questa catena di violenze: prepotenze, pestaggi, distruzione di beni, soprusi, stupri… quando ci sono in gioco interessi succosi, non si va per il sottile. Tutto serve per imporre gli interessi dell’industria agroalimentare, di compagnie petrolifere o minerarie, siano o no attività legali.
Ancora non ci sono i numeri del 2021, ma l’azione criminale di questi interessi anche in queste settimane continua a mietere vittime. Tra le ultime, in ordine di tempo: padre, madre e figlia che nella regione di Sao Felipe do Xingu, nello stato amazzonico di Parà, in Brasile, da 20 anni si dedicavano a proteggere le tartarughe, favorendo la ripopolazione del territorio. I killer hanno sparato loro senza pietà, così come ad altri che hanno avuto l’ardire di essere l’unico ostacolo che si frapponeva a certi interessi economici.
In Brasile, poi, questi interessi hanno nel presidente Jair Bolsonaro un importante alleato, che ha fatto di tutto per dare loro carta bianca, anche in Amazzonia, nonostante i report che informano sull’incremento della deforestazione e sulle offese ai territori da sempre abitati da popoli indigeni. Cosa pensi il presidente degli indigeni non è un mistero, se tempo fa è arrivato a dire: «Peccato che la cavalleria brasiliana non è stata così efficiente come quella statunitense, che ha sterminato gli indios». Poi, in tempi di fake news, basta capovolgere la frittata e trasformare le vittime in colpevoli, accusando gli indios di distruggere la foresta. Un terzo degli episodi violenti segnalati da Global Witness si sono verificati nei confronti di membri di comunità indigene.
Ben 65 sono i difensori dell’ambiente e gli attivisti sociali eliminati barbaramente in Colombia, dove gli attivisti sociali sono al primo posto nel ranking delle vittime della violenza, nonostante gli accordi di pace siglati nel 2016… Anzi, spesso proprio come conseguenza del rifiuto di quegli accordi. In Messico gli attacchi fatali sono stati 30. Ma come spesso succede in questo Paese martoriato dalla violenza dei cartelli della droga e dalla corruzione endemica, i progressi delle indagini si perdono in vicoli ciechi che lasciano in bocca l’amaro sapore della connivenza corrotta e dell’impunità.
Le terre amazzoniche sono ambite. La foresta è ricca di risorse, legni pregiati, minerali e combustibili, oppure terra coltivabile a patto di deforestarla. Anche in Perù, il 75 per cento delle aggressioni si sono verificate in questa regione (l’Amazzonia è condivisa da Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia e Venezuela). Un terzo dei casi verificatisi era invece in relazione con lo sfruttamento delle risorse. Non si può più evitare di spingere non solo per politiche sempre più decise in materia di protezione ambientale, ma vanno attivate risorse per proteggere anche coloro che si schierano a difesa della natura. E che rappresentano spesso i primi alleati, coloro che meglio conoscono come rigenerarla.