Ripensare l’educazione con Jesús Morán ed Ezio Aceti
Come affrontare la povertà educativa contemporanea, emersa con ancora più evidenza in questo periodo di emergenza coronavirus? Come ricostruire il tessuto relazionale, coinvolgendo chi ha responsabilità politiche, amministrative, religiose ed educative, ma anche ciascuno di noi, per ricomporre un “villaggio dell’educazione”? Della rottura del patto educativo e dell’urgenza di ricostituirlo si è parlato giovedì sera nel corso di una diretta Zoom dal titolo “Ricostruire il tessuto relazionale, una sfida per gli educatori” a cui hanno partecipato lo psicologo infantile Ezio Aceti e il filosofo e teologo Jesús Morán, co-presidente del Movimento dei Focolari, coautori del libro Verso l’uomo, una risposta alla povertà educativa contemporanea.
«La pandemia – ha spiegato la giornalista Stefania Tanesini, che ha coordinato l’incontro – ha esasperato timori e frustrazioni», esacerbando «la paura del diverso, del contagio. Le coppie scoppiano, si fatica a uscire e a riprendere il normale ritmo di vita; ma se siamo onesti queste fratture stanziano nelle nostre società da molto tempo, hanno radici lontane».
«Credo che papa Francesco abbia ragione: alla base della crisi antropologica che ci investe – afferma Jesús Morán – e che credo rappresenti la causa a monte della crisi umanitaria che viviamo, c’è la rottura del patto educativo: famiglia, scuola e società». Per cambiare le cose, «ci vuole un’esperienza del noi, che ci conforti. Urge ritrovare le connessioni, ritrovare i vincoli. Ci vuole un pensiero davvero relazionale, che riesca a tenere insieme tutte le polarità».
Per Aceti serve un’alleanza tra educatori che deve tradursi in un accordo sulle verità della persona, sulle cose importanti da dare ai figli, ai giovani, e che ciascun educatore – genitore, insegnante, catechista, nel proprio ambito deve trasmettere.
«Mai come ora – ha affermato papa Francesco lanciando la proposta di un patto educativo globale – c’è bisogno di unire gli sforzi in un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna».
Per raggiungere questi obiettivi, aggiunge Francesco, ci vuole coraggio: «Il coraggio di mettere al centro la persona […]. Il coraggio di investire le migliori energie […]. Il coraggio di formare persone disponibili a mettersi al servizio della comunità». Ci vuole il coraggio e ci vogliono le persone. Tutte. A partire da noi.