Ripensare la Giustizia, una riforma necessaria per l’Italia
Scontri e polarizzazioni non mancano sui problemi della giustizia, dimenticando che non si tratta semplicemente di discutere di politica o di farlo in termini di “giustizialismo”.
La giustizia entra nel vissuto delle persone. Né può bastare ricorrere a quesiti referendari, con effetti unicamente abrogativi di norme, per quanto scomode. Eppure in questi giorni, all’esposizione delle linee programmatiche sulla riforma della giustizia da parte della Guardasigilli (Ministra della Giustizia), ha fatto eco la notizia della proposta di alcuni referendum, che vedono insieme radicali e Lega, su questioni spinose.
Fra le altre: separazione delle carriere e responsabilità dei magistrati; legge Severino e riforma del CSM.
Sono risposte di una “buona politica”? In altre occasioni la stessa Marta Cartabia, oggi nella funzione di Ministro della Giustizia, ebbe a sottolineare l’urgenza di una politica capace di mettere in discussione con tutti le proprie idee, nella consapevolezza che “la politica non basta a se stessa”, e chiede anche oggi sui temi della giustizia di giungere a soluzioni condivise.
Parole che fanno da cornice a quelle linee di riforma esposte in Commissione Giustizia, e da attuare non solo perché il Recovery plan lo esige, ma perché sono in gran parte indifferibili. Nel rispetto dell’architettura costituzionale, si guarda al Parlamento come “luogo di sintesi delle varie visioni politiche e culturali” per orientarsi insieme, aggiunge la Cartabia, al “bene comune”.
Una legge delega con tre direttive
Dunque, ripartire dal dibattitto pregresso, attraverso emendamenti a testi presentati negli anni su temi cruciali e urgenti, per arrivare a una legge delega.
Dove le novità? Troppo annosi forse sono i problemi della Giustizia italiana, ma di certo la riduzione dei suoi tempi è un passo fondamentale per riconquistare la fiducia dei cittadini. L’efficienza dell’amministrazione ne diventa un valore, anche rispetto alla stessa economia, non di rado infiltrata dalla criminalità organizzata, compromessa dalla corruzione, intralciata dai lunghi procedimenti giudiziari, che finiscono per coinvolgere anche l’attività d’impresa. Occorrono rimedi giurisdizionali effettivi per tutelare i diritti.
Tre dunque le direttive, a cui fa da sfondo un impegno: «serve – così la Cartabia – guardare in alto anche per trarre ispirazione all’azione di tutti i giorni».
L’organizzazione è la prima direttiva, nella valorizzazione di persone e risorse e nel potenziamento della digitalizzazione.
La seconda direttiva, l’Ufficio del processo, passo da compiersi affiancando il Giudice con uno “staff qualificato” (magari di giovani giuristi), per predisporre quel lavoro preparatorio di studio e approfondimento, che consenta al giudice di concentrarsi sulla delicata fase decisionale.
E ancora, la valorizzazione di best practice, esperienze virtuose e talvolta creative, da mettere in rete, a servizio di tutti.
Segue la terza direttiva in merito alla formazione dei magistrati, soprattutto con cariche direttive.
Un nuovo percorso per la Giustizia civile
Sul piano delle riforme: nella Giustizia civile (già DDL AS 1662) si persegue l’obiettivo di valorizzare gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie.
E non solo per un alleggerimento del carico giudiziario, ma nel loro “significato più profondo”: strade complementari alla giurisdizione.
Si vuole ridefinire e promuovere la mediazione tra le forme che mettono al centro le “relazioni sociali”, “risanano lacerazioni e stemperano le tensioni”. Dinanzi ai forti squilibri generati dalla pandemia –fallimenti, crisi societarie, e a breve lo sblocco di sfratti e licenziamenti –, ancor più si ritengono necessarie “strade di giustizia consensuale” per prevenire innumerevoli contenziosi (rinegoziazione contrattuale, rapporti banca-cliente).
Si prospetta, nelle linee di riforma, una nuova cultura giuridica da coltivare e diffondere nell’apertura a “una pluralità di vie della giustizia”. Ulteriori interventi mirano ad adottare nuovi “filtri” di ammissibilità nell’impugnazione, e a valorizzare la funzione svolta dalla Cassazione quale giudice di legittimità; interventi anche sul Contenzioso tributario, che tanto pesa sull’arretrato.
I tanti nodi della Giustizia penale
E ancora, la Giustizia penale, con l’eccessiva durata dei processi e le questioni sul tappeto, all’attenzione delle stesse istituzioni europee.
La notizia che il 28 giugno il processo penale sarà nel calendario a Montecitorio si accompagna alle proposte sulla prescrizione, un dibattito che non può dimenticare che la presunzione d’innocenza vale fino a condanna definitiva.
Sarà piuttosto una ragionevole durata del processo – così la Guardasigilli – a sdrammatizzare e alleggerire il “nodo” prescrizione, da relegare a “fatto eccezionale”, liberato dal “ruolo scomodo di principale se non unico rimedio” ai problemi determinati dalla durata eccessiva del processo.
Non manca nella riforma l’obiettivo di una maggiore incidenza dei riti alternativi, potenziando anche lo strumento telematico, valorizzando le “condotte riparatorie”, l’istituto della “messa alla prova”.
Si vuole “restituire effettività alle pene pecuniarie”, senza trascurare le alternative al carcere. Ed è forse qui il dato che meriterebbe particolare attenzione. Nell’intento di sviluppare esperienze di “giustizia riparativa” e promuovere la rigenerazione dei legami, si avverte la necessità di ri-pensare la giustizia “come una giustizia dei rapporti, dei legami, delle relazioni”.
Così, nel valorizzare principi, si richiede l’elaborazione di “paradigmi” di partecipazione attiva – vittima e colpevole – alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato. Anche l’esecuzione della pena trova parole nuove: la vita della “comunità penitenziaria” si pone al centro dell’attenzione per una più autentica funzione rieducativa della pena e prevenzione della recidiva.
La riforma del Consiglio Superiore della Magistratura
Da ultimo, ma non certo per importanza, la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, che incontra nelle parole della Cartabia un monito di grande serietà: se il conferimento degli incarichi ai vertici degli Uffici giudiziari dovrà rispondere a criteri di trasparenza, sarebbe illusione pensare che la riforma del sistema elettorale, volta a ridurre il peso delle correnti, possa offrire una soluzione definitiva alle criticità che stanno sconvolgendo la magistratura.
Le stesse attingono a un substrato comportamentale e strutturale, che «nessuna legge da sola, tanto meno quella elettorale, può essere in grado di sovvertire».
L’auspicio è che ora prevalgano le ragioni della coesione e del bene comune, senza dimenticare che ricercare la giustizia significherà ancor prima incontrare la persona, nella sua dignità, e poter contare sulla responsabilità di chi con la riforma si propone oggi non “programmi inattuabili”, ma ciò che è possibile. Quello sì, ed è compito di tutti.