Rioccuparsi del nostro futuro
Un anno prima che iniziasse il movimento di protesta “Occupy Central”, chiamato così per l’obiettivo di occupare il quartiere Central, cuore della finanzia internazionale della città di Hong Kong, gli organizzatori avevano elaborato un "manuale di disobbedienza civile" per i manifestanti.
«L'obiettivo del movimento – si dice nel manuale – è creare una società che abbracci l'uguaglianza, la tolleranza, l'amore e la libertà. Combatteremo contro il sistema ingiusto, non contro gli individui. Chiunque crede nella non-violenza è d'accordo sul fatto che non dovremmo mai iniziare un attacco, un tentativo di fare del male, di causare dolore e sofferenza a un altro essere umano. Non vogliamo distruggere o umiliare le forze dell'ordine, piuttosto conquistare la loro comprensione e il rispetto. Non dovremmo coltivare l'odio nei nostri cuori».
Due mesi dopo, questa lotta per la democrazia, chiamata successivamente Movimento degli Ombrelli, si è evoluta oltre ciò che gli organizzatori avevano immaginato.
Per più di 60 giorni i manifestanti, la maggior parte studenti, hanno fatto sit-in, bloccato vari quartieri affollati e località di commercio a livello popolare. Per strada sono state erette barricate di metallo contro le fila di agenti di polizia.
Ad Admiraty, uno dei quartieri occupati, gli studenti hanno costruito un vero e proprio villaggio con centinaia di abitanti. Racconta un giornalista de La Stampa: «C’è chi fa lezione, chi organizza discussioni sui classici della filosofia politica, chi si prende cura di un piccolo orto creato su un marciapiede… Verso le sei di ogni sera, un leader del movimento racconta gli eventi della giornata… Tutti hanno un cellulare o un computer dove scrivono, leggono, ascoltano musica, riprendono sé stessi e il mondo che li circonda». Il movimento non accetta donazioni in denaro ma solo beni materiali, come coperte, batterie elettriche e cibo.
Mentre in passato si è parlato di una modalità passiva di disobbedienza civile, ora si è di fronte a una modalità attiva.
L’occupazione ha indubbiamente causato un danno significativo per l'economia di Hong Kong. Sono state direttamente intaccate le vendite al dettaglio, il turismo, la ristorazione e i trasporti, le piccole e medie imprese e le microimprese. Loro considerano l’autorità troppo indulgente. In ogni caso, l’esigenza di ristabilire la normalità della vita è largamente richiesta.
Il 27 novembre, dopo l’ingiunzione della Corte Giudiziaria di smontare le barricate per lasciare via libera ai trasporti, la polizia ha mantenuto una presenza forte di alcune migliaia di uomini, con numerosi arresti. La polizia, la stessa che in alcune occasioni ha utilizzato manganelli e spray urticanti per riaprire le vie alla circolazione.
Ora l'intransigenza del governo e la persistenza dei manifestanti hanno portato a una situazione di stallo. I leader degli studenti insistono sul fatto che le proteste non hanno portato a nulla di concreto, quindi è "ingiustificabile" ritirarsi. Hong Kong resta dunque in attesa delle prossime azioni, sia da parte del Movimento degli Ombrelli che delle forze dell’ordine.
Certamente due mesi di occupazione hanno attirato una grande attenzione mediatica dal mondo, anche se finora si sono potute ottenere solo piccole concessioni: un rapporto del governo di Beijing, che rifletterà sulle opinioni del pubblico e una piattaforma che verrà istituita per valutare ulteriori modifiche costituzionali oltre 2017.
Ma guardando al futuro prossimo, a livello locale, sarebbe opportuno indirizzare subito l’impegno alle prossime elezioni del consiglio distrettuale: incoraggiare i cittadini alla partecipazione attiva nella comunità attraverso i Consigli di Quartiere, in modo da proporre i candidati validi e concordati per l’elezione di Chief Exsecutive nel 2017.
Quindi non si può negare che il panorama politico della città è decisamente cambiato nel corso degli ultimi 60 giorni. I cittadini sono più consapevoli e più coinvolti positivamente nelle questioni politiche. In questo clima il governo di Hong Kong è cosciente che bisogna accogliere diverse voci dei vari settori e gruppi – progettisti, ambientalisti, studenti, operai e molti altri –, quelli che si sono aggregate in forza della protesta pro-democrazia.
Se lo slogan dei manifestanti, "Rioccuparsi del nostro futuro", diventasse il motto dei comuni cittadini, allora Occupy Central potrebbe espandersi e sopravvivere oltre i luoghi occupati.
D’altra parte, il governo di Beijing avrebbe "opportunamente corretto" la sua politica nei confronti della città. Mentre sottolinea 'un paese', presterebbe anche maggiore rispetto nei confronti delle differenze tra "due sistemi", secondo la Hong Kong Basic Law, formulata per il suo ritorno alla Cina nel 1997. 17 anni dopo la consegna, molti abitanti di Hong Kong, in particolare i giovani, dovrebbero assentire che la fondazione dello status speciale di Hong Kong si è basata sull’essere parte della Cina. E non è scontato che c’è bisogno di avere una formazione nazionale unificata, con contenuti accettabile dalla maggioranza della stessa popolazione. Senza una approfondita comprensione della Cina e della sua storia, i conflitti non cesseranno mai.
Sarebbe sbagliato considerare l’occupazione dei manifestanti, o il loro eventuale ritiro in termini di una vittoria o di una sconfitta. La società condivide opinioni diverse, mentre il popolo si oppone a qualsiasi azione che potrebbe indurre alla violenza.
Ma gli studenti possono essere fieri di sé stessi, hanno combattuto per un principio semplice e universale: la democrazia rappresentativa, con il metodo della non-violenza. In tal caso, il governo di Beijing perderebbe tutta la sua credibilità e appoggio internazionale se non si scomodasse, cogliendo l’occasione di dimostrare, nonostante tutto, l’intenzione e decisione di imboccare la via verso “una democrazia con il carattere cinese”, che c’è ed è già in atto.