Rinascimento africano
Fu Nelson Mandela a coniare, nel 1994, lo slogan del “Rinascimento africano”. A 16 anni di distanza non pare – purtroppo – che questa prospettiva sia divenuta reale per l’intero continente.
Fu Nelson Mandela a coniare, nel 1994, lo slogan del “Rinascimento africano”. A 16 anni di distanza, nel momento in cui il Sudafrica ospita i Campionati mondiali di calcio, non pare – purtroppo – che questa prospettiva sia divenuta reale per l’intero continente. Certo, oggi il Sudafrica è il Paese più sviluppato dell’Africa intera: produce il 33 per cento del Pil dell’area sub-sahariana ed è attualmente il 25° Paese al mondo in base al Pil. Tanto che si può dire che sia oggi una «economia in transizione», cioè collocata tra la categoria dei Paesi sviluppati e quella dei Paesi in via di sviluppo.
Tutto questo non può far dimenticare i problemi. Ad esempio, il fatto che vi sia ancora un accentuato dualismo economico: aree del Paese moderne e industrializzate convivono con zone arretrate e molto povere. L’apartheid è un brutto ricordo del passato, ma ancora oggi il principale problema che il Sudafrica deve affrontare è costituito dall’integrazione economica e sociale tra le varie componenti della popolazione: africana di colore (32 milioni), bianca (5,4), meticcia (3,6) e asiatica (uno). Dopo alcuni anni in cui il Sudafrica ha risentito della crisi mondiale, l’economia è tornata a crescere più del 4 per cento. Ma la disoccupazione rimane elevata e supera il 25 per cento.
Tuttavia il Sudafrica è un Paese in cui cresce la speranza nel futuro. Gli stessi Mondiali di calcio rappresentano il riconoscimento di una crescente importanza internazionale del Paese. Attualmente il Sudafrica è l’unico Stato africano a far parte del G20. Da tempo, inoltre, coltiva un intenso rapporto con India e Brasile, Paesi con i quali condivide l’aspirazione a far parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (una battaglia, a dire il vero, improntata a schemi del passato). Brasile, India e Sudafrica hanno dato vita a un nuovo gruppo informale, che si chiama, appunto, Ibsa (dalle iniziali dei tre Paesi). La “vetrina globale” del Mondiale può quindi dare ulteriore impulso a questo processo. Senza dimenticare, tuttavia, la grande lezione di Mandela: la vera rinascita africana non può limitarsi a un solo Paese.