Rinascimento a Conegliano

Una rassegna a Palazzo Sarcinelli racconta la vivacità artistica e culturale della cittadina veneta del Trevigiano nel Cinquecento. Fra tradizione, eresia, riforma, dramma e pietà. Da non perdere
Cima da Conegliano

Cosa succede nella cittadina veneta del Trevigiano dopo la scomparsa del figlio più grande, Giambattista Cima, a Venezia? Se ne parla così poco da far pensare che sia sceso l’oblio e sia caduta in una onorevole e progressiva decadenza artistica.

Niente affatto. E per fortuna una rassegna ben diretta e allestita, “Un Cinquecento inquieto” (catalogo Marsilio), a Palazzo Sarcinelli fino all’8 giugno, lo dimostra.

Altro che una placida cittadina tra le dolci colline. Essa è un crocevia di artisti. I Lombardi, innanzitutto: Solario, Francesco da Milano, Giovanni Agostino da Lodi. E poi, gigantesco, il Pordenone, che qui matura e arriva a capolavori strepitosi. Ma vi passa pure Tiziano, che a Serravalle lascia una pala della Madonna col bambino e i santi Andrea e Pietro, splendente di giganti colorati, e Paris Bordon, tizianesco ma libero. Passano intellettuali come il Bembo, il Della Casa. E passano eretici, veri o presunti. Talora arde un rogo,come accade al frescante Riccardo Perucolo nel 1568, a dire una irrequietezza che scuote la calma provinciale e fa di Conegliano un fuoco ben vivo sotto l’apparente cenere.

La rassegna è molto bella e completa. Nella Scuola dei Battuti nel 1511 Francesco da Milano inscena la Passione di Cristo come un prodigioso film in costume, popolare e sincero. Paris Bordon, poco lontano, a Valdobbiadene, dipinge una lussuosa pala d’altare nella chiesa dell’Assunta, rutilante di colori e di armonie; Francesco Beccaruzzi nel 1520 nel duomo coneglianese offre una tela con tre santi in gioioso bilico tra Bellini, Giorgione, Cima e Tiziano, ossia una sintesi personale dei maestri del suo tempo. Sarà un “minore”, ma che minore! Ludovico Fiumicelli, forse un vicentino, affresca sulla facciata dell’ex Monte di Pietà un trionfo celeste sulla Pietà, in un tripudio di angeli che fanno evaporare la costruzione, Palma racconta di un san Pietro morbidissimo tra i santi e le montagne azzurre… e non si finirebbe più.

E veniamo al Pordenone. È una meraviglia questo gigante del Rinascimento, mai abbastanza celebrato e indagato. "La Trasfigurazione di Brera", quasi fanciullesca; gli affreschi del Castello, già dalle forme ampie; la "Pala di Susegana", con l’abside monumentale spezzata e un ghignante san Pietro; la "Tavola di Moriago" (1530 circa), capolavoro assoluto di Sacra Conversazione, intensa psicologicamente e cromaticamente, elogio della forza fisica e morale. Se poi oltrepassiamo  le dolcissime tavole di Cima, ci troviamo di fronte, sbalorditi, alla pala di Sebastiano Florigerio, ombrosa e notturna col san Sebastiano uscente dal buio e quel Cristo morto a capo rovesciato all’indietro – già attribuito a Giorgione, Sebastiano, Tiziano e Pordenone – che è capolavoro assoluto di forza drammatica e pietas religiosa.

Conegliano città provinciale? Tutt’altro. Città inquieta, fra tradizione, eresia, riforma, dramma e pietà. Una mostra da non perdere.

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