Rimettere in contatto cittadini e istituzioni
Un “viaggio di formazione democratica”, attraverso incontri con esperti e rappresentanti delle istituzioni, per offrire ai giovani strumenti messi a punto da altri giovani nel campo dell'educazione civica e della cittadinanza attiva: è questa l'idea partita dalla Scuola di Partecipazione sociale (Sps), nata a Trento nel 1956, che ha messo in rete studenti liceali e universitari provenienti da esperienze diverse – dalla Fuci al Movimento politico per l'unità –, spinta dalla volontà di riportare le nuove generazioni al centro di un «cambiamento responsabile» nell'attuale fase politica. Il percorso, iniziato nei primi mesi del 2012, ha come obiettivo finale la realizzazione di un corso di educazione civica per le scuole superiori, che vedrà la luce il 2 giugno 2013 con la collaborazione della casa editrice Il Margine. A finanziare il progetto, dal costo di circa 10 mila euro, saranno – tra gli altri – la provincia di Trento ed alcuni privati.
Parte integrante di questa pubblicazione sarà la presentazione dei vari soggetti istituzionali e dei valori della democrazia attraverso il dialogo con chi queste istituzioni e questi valori li rappresenta: ed è proprio la prima serie di questi incontri che ha portato a Roma dal 5 all'8 giugno sei studenti dell'ateneo trentino, accompagnati dal presidente della Sps, Alberto Zanutto, e da Lucia Fronza. I nomi delle persone che li hanno ricevuti non sono di poco conto: il ministro Giarda, la presidente del Partito democratico Rosy Bindi, il giudice costituzionale Sergio Mattarella, e molti altri. Ciascuno studente ha curato l'intervista ad un interlocutore specifico, «pur essendo le domande nate dal confronto di gruppo» tiene a precisare Lucia Fronza. Un gruppo piuttosto eterogeneo, per provenienza geografica, per età e per idee politiche – i quotidiani che passano tra le loro mani spaziano da L'Unità a Il Giornale… – ma «è proprio questa diversità la ricchezza e l'humus su cui nascerà il libro» prosegue la Fronza.
Ad accomunare tutti è comunque quella che Federico, al primo anno di giurisprudenza, definisce «un'idea di servizio attivo: sentiamo il bisogno di ripristinare il contatto tra istituzioni e cittadini, che per quanto perso è ancora recuperabile». Ed è quasi confortante sapere che, come osserva la sua compagna di corso Alice, «anche le persone che abbiamo incontrato in questi giorni hanno confermato che, come i cittadini sentono lontane le istituzioni, così loro sentono lontani i cittadini. Per questo hanno molto apprezzato il nostro progetto».
Il fatto di essere capitati a Roma durante la fase di governo tecnico ha avuto il suo peso: «Certo la differenza tra il parlare con un “professore” e il parlare con un politico è notevole – ammette Rocco, studente di ingegneria –, e alcune dichiarazioni, soprattutto sulla necessità e l'inevitabilità di alcuni provvedimenti impopolari, forse dovrebbero essere fatte in maniera diversa per essere meglio comprese». «Ad esempio – prosegue Riccardo, sociologo –, un parlamentare ci ha illustrato in parole semplici il funzionamento e la ragione di alcune misure richieste dall'Unione europea: prese in quanto tali sarei il primo a contestarle, ma dopo questa spiegazione ho capito perché siano state messe in campo».
Al di là di una certa sensazione di ineluttabilità davanti alle misure lacrime e sangue, «abbiamo però molta speranza nelle persone incontrate – osserva Federico, studente di giurisprudenza come il suo omonimo –: sono preparate, hanno un grande rispetto delle istituzioni, e sono stati capaci anche di mettere da parte le loro idee personali in virtù del ruolo che ricoprono». «Tutti hanno dimostrato una grande competenza – conferma Alice – e la sfiducia è generalizzata soltanto perché viene trasmessa così: c'è gente che lavora bene e crede in ciò che fa». Anche per questo Laura, giurista, afferma di riportarsi a casa «un accresciuto senso delle istituzioni, e la convinzione che sia necessario recuperare la fiducia come fondamento della democrazia».