Rileggere la storia senza complessi e pregiudizi
Fra i molti dipinti custoditi al Museo del Prado, a Madrid, ha per titolo Auto de Fe presidido por Santo Domingo de Guzmán, dove il santo spagnolo presiede un processo inquisitorio. Il quadro, opera di Pedro Berruguete, fu dipinto tra il 1491 e il 1499, quando Domenico di Guzman, il fondatore dei domenicani, era morto da più di 270 anni, nel 1221. San Domenico si era adoperato in Francia contro l’eresia albigese, ma «lo stile della sua predicazione (…) era quello di un lungo e paziente dialogo o di una discussione formale e accademica usando argomenti, non punizioni», spiega il domenicano Juan José de León Lastra.
San Domenico, dunque, non è mai stato un inquisitore né tantomeno il fondatore dell’Inquisizione. Probabilmente, il fatto di aver predicato in luoghi dove poi l’Inquisizione agì con forza «potrebbe essere stata la ragione per concedergli, senza ulteriori indugi, il titolo di “primo inquisitore”. Niente di più lontano dalla realtà. A quel tempo era un predicatore contro l’eresia ma non aveva alcun mandato pontificio», afferma la studiosa María del Pilar Blanco.
Berruguete non poteva immaginare che, in futuro, il suo quadro sarebbe stato utilizzato per illustrare, alle volte come copertina, tante pubblicazioni sulle atrocità dell’Inquisizione spagnola, che fu istituita nel 1478, più di 250 anni dopo la morte di san Domenico. E questo fatto anacronistico (per alcuni un modo di falsare la storia) lo citano gli autori dell’ultimo libro pubblicato in Spagna per controbattere la così detta “Leggenda nera spagnola”. Un libro che, seppure aneddotico, è anche significativo.
Si tratta del Manual para españoles sin complejos (Manuale per spagnoli senza complessi) di Juan Sánchez Galera e Pedro Fernández Barbadillo, entrambi dottori in Diritto, che invitano con il loro libro a rileggere la storia a partire da documenti, non da leggende né dall’immaginario collettivo. Il loro intento, hanno detto nella presentazione del libro, «è fornire ragioni agli spagnoli complessati per alzare la testa e rispondere a tutte le bugie che vogliono farci credere». A tale scopo affrontano tre famosi episodi della storia spagnola: l’espulsione degli ebrei, l’Inquisizione e la conquista ed evangelizzazione dell’America. Aggiungono poi un capitolo per raccontare alcuni contributi ed eventi importanti per l’umanità in cui gli spagnoli sono stati protagonisti nel corso della storia.
Tornando all’Inquisizione, Galera e Barbadillo sostengono che quella spagnola fu l’ultima inquisizione nella storia, quella che causò meno morti, e fu la più tollerante. Molto prima di essere istituita in Spagna, l’Inquisizione aveva combattuto le eresie in Sicilia dal 1220, poi in altre parti d’Italia, in Francia e Inghilterra. Uno dei processi inquisitori più conosciuti è quello che portò al rogo la giovane Giovanna d’Arco nel 1431. Le ricerche fatte da questi due autori li portano a costatare la condanna a morte di almeno 4 mila persone nel corso dei 350 anni in cui fu attiva l’Inquisizione, la metà di queste condanne avvenuta durante i primi anni. Ma occorre sottolineare che non tutte furono eseguite, poiché molti imputati si dichiaravano pentiti. La cifra, seppure alta, appare ben poca cosa se confrontata con i 200 mila morti causati dalla persecuzione contro i cattolici in Inghilterra o il numero di streghe bruciate nei roghi del nord del continente europeo.
Si fa fatica oggi a pensare ad un’Inquisizione “tollerante”, ma, dicono Galera e Fernández, in quegli anni «la tortura e la pena capitale erano mezzi frequenti nei procedimenti civili contro criminali ordinari, mentre erano eccezionali nei tribunali dell’Inquisizione». Infatti, è documentato che molti criminali comuni confessavano crimini contro la fede per poter esse giudicati dall’Inquisizione.
Di Leggende nere ce ne sono sempre state, e ce ne sono ancora oggi, anche se tessute con mezzi molto più sofisticati. Ecco perché ci vuole un lavoro serio e accurato di revisione per capire la nostra storia.
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