Sentenza di Rigopiano: delude il giorno tanto atteso dai familiari delle vittime

Sentenza di primo grado per la tragedia cha travolse l’hotel provocando 29 vittime. Condannati in 5 ed assolti 25 imputati. Lo sgomento dei parenti e dei superstiti
Rigopiano
Rigopiano, 2019: sulle macerie dell'hotel i sigilli del sequestro (Foto Simone Fanini/LaPresse)

Pescara. Dopo una lunga attesa durata sei anni è arrivata nel pomeriggio, del 23 febbraio, la sentenza di primo grado pronunciata dal gup del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, per il caso dell’hotel Rigopiano: la tragedia immane in cui morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti il 18 gennaio 2017. Una sentenza dopo 15 rinvii con 30 imputati per i quali erano stati chiesti 150 anni in totale.

Condannati in 5 e 25 gli assolti. Due anni e otto mesi al sindaco, attuale e di allora, di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta, per il quale l’accusa aveva chiesto 11 anni e 4 mesi. Responsabile di omissione dellordinanza di inagibilità e di sgombero del resort. Condannati altresì a 3 anni e 4 mesi Paolo DIncecco e Mauro Di Blasio, l’uno dirigente e l’altro responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, per la loro condotta relativa al «monitoraggio della percorribilità delle strade e alla pulizia notturna dalla neve», ovvero delle strade rientranti nella competenza della S.P. 8 e per il mancato reperimento di un mezzo sostitutivo della turbina fuori uso.

Condannati, infine, a sei mesi di reclusione per falso Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica di intervenire sulle verande e tettoie dellhotel, e Bruno Di Tommaso, ex gestore dellalbergo della Gran Sasso Resort.

Assolti, invece, tutti gli altri 25 imputati, tra cui l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e Antonio Di Marco, ex presidente della Provincia.

Presenti alla sentenza, i parenti delle vittime e gli stessi superstiti che prima hanno ascoltato in silenzio e poi gridato allo scandalo per pene considerate lievi rispetto a quanto chiesto dall’accusa e che andava dal disastro colposo, allomicidio plurimo colposo, alle lesioni plurime colpose, al falso, al depistaggio fino allabuso edilizio.

Il capo della Procura pescarese Giuseppe Bellelli nella sua requisitoria aveva auspicato «una sentenza che in nome della Costituzione e del Popolo Italiano affermi il modello di amministratore pubblico che aveva il dovere di prevedere il peggio ed evitare la tragedia». La tesi dell’accusa si era concentrata, infatti, sulle responsabilità di dirigenti sia provinciali che comunali nella gestione dell’emergenza e della viabilità nei giorni di maltempo, nonché sui vari permessi concessi. A questo proposito, la maggiore criticità evidenziata certamente, che il resort fosse costruito e ampliato in una zona nota per le valanghe. Per tale ragione esso avrebbe dovuto essere chiuso e la strada sgomberata. L’accusa aveva puntato il dito, inoltre, anche sull’attività della Regione Abruzzo per la mancata realizzazione e approvazione della Carta Valanghe ovvero lomessa pianificazione territoriale di una Legge del 1992.

Per Marco Marsilio, presidente della Regione Abruzzo: «La sentenza provoca dolore e sorpresa, e non possiamo non comprendere i sentimenti dei familiari delle vittime e dei superstiti. Nello stesso tempo, abbiamo il dovere come rappresentanti delle istituzioni di rispettare la sentenza e di prendere atto della decisione del giudice».

Lacrime e incredulità, insomma, per la sentenza per la quale si attendono ora le motivazioni. Tra  i superstiti presenti c’erano anche Giampiero Matrone e Giampiero Parete, colui che per primo diede lallarme quel pomeriggio senza, però, essere ascoltato. «Attenderemo le valutazioni della sentenza per valutare il ricorso allappello. Ma ciò che emerge chiaramente è che è stato cancellato il reato di disastro colposo» ha infine affermato Giuseppe Bellelli.

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