Riformare la Rai
Musica suggestiva e voce suadente, immagini rallentate e testo evocativo. È lo zucchero con il quale la Rai prova a rendere più gradevole una delle tasse più amare per gli italiani, il canone tivù.
Musica suggestiva e voce suadente, immagini rallentate e testo evocativo. È lo zucchero con il quale la Rai prova a rendere più gradevole una delle tasse più amare per gli italiani, il canone tivù. «Un tributo a chi sa vedere nell’entusiasmo una delle più inesauribili fonti di energia», racconta sognante la voce fuori campo dello spot che invita a pagarlo, e che però in chiusura sembra farsi più minaccioso: «Non è solo un gesto di civiltà, è un obbligo». Una campagna di sensibilizzazione ormai indispensabile, visto che il canone quest’anno è aumentato ancora un po’ e che già adesso quasi un telespettatore su due non lo paga (con un danno per l’azienda di mezzo miliardo di euro l’anno). Ma soprattutto considerato che l’evasione crescente rende ancora più duro quello che per la Rai è già uno dei periodi più difficili della sua storia, con bilanci in rosso, pubblicità in calo e gradimento in picchiata. Certo, qualcuno tra i contribuenti avrà gioco facile nel ricordare che «chi è causa del suo mal, pianga sé stesso».
Da tanti l’informazione viene giudicata troppo cortigiana, l’offerta scarsa e l’intrattenimento solo lontano parente della splendente Rai che fu (Fiorello a parte). Ed è più difficile imporre un pagamento quando il servizio pubblico reso in cambio non viene ritenuto all’altezza. Che però equivale a dire: non pago le tasse finché gli ospedali non saranno efficienti, i mezzi pubblici non arriveranno in orario e le strade non avranno più buche. Cosa che, come si sa, è pura utopia. Più giusto è allora, da cittadini, alzare la voce dopo aver pagato oggi quanto si deve. Soprattutto ora. Per i destini della Rai, questo è forse il momento più propizio per farsi sentire. Il Cda è in scadenza a marzo, al governo ci sono dei tecnici (e non i partiti di sempre), e il premier Monti ha già promesso di voler mettere mano alla riforma dell’azienda di viale Mazzini.
C’è chi dice: ora o mai più. Con il sostegno del canone, mettendo prima in ordine i bilanci, potrebbe essere la volta buona per sottrarre definitivamente la Rai al controllo della politica. Così che torni a essere di tutti, di più.