Riforma elettorale soluzione cercasi

Scocca l’ora – attesa! – della riforma elettorale: per necessità o per virtù, per opera del Parlamento o per la possibile consultazione referendaria, si profila la modifica del sistema di elezione dei parlamentari. Governabilità è la parola d’ordine. L’eventuale celebrazione del referendum con esito positivo apporterebbe sì alcuni correttivi all’attuale sistema, inviso ai più; ma è cresciuta la coscienza che occorre agire con un organico disegno riformatore. Due le proposte di legge sul tappeto. La prima, redatta dal prof. Vassallo e proposta da Veltroni come base per i suoi colloqui con le forze politiche; l’altra, promossa dal presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Enzo Bianco. I due testi presentano molti punti in comune: assenza di premio di maggioranza; metà dei seggi assegnati con collegio uninominale; lista proporzionale bloccata, senza preferenza; metodo che avvantaggia i partiti maggiori, per l’assegnazione proporzionale; meccanismi espliciti o impliciti di sbarramento ai partiti minori. Ma soprattutto nessuno dei due sistemi obbliga all’indicazione preventiva delle alleanze e del leader e, men che meno, esige una piattaforma programmatica pre-elettorale che tenga unita la coalizione. Una novità inaspettata, questa, e di grande rilievo, sulla quale i leader politici oppongono le rispettive posizioni: se, ad esempio, Veltroni l’ha accolta, Fini la osteggia. Qualunque sia l’evoluzione che avranno le proposte, un dato pare acquisito: i singoli partiti tornano ad essere il fulcro del sistema. Quelli maggiori, che segneranno il cuore delle due polarità; ma anche quelli di media entità, che avranno tutto l’interesse a correre da soli per negoziare poi l’eventuale entrata al governo. Inoltre, i partiti avranno di nuovo grande peso nella composizione delle Camere per la prevista abolizione della preferenza e l’affermarsi della lista bloccata (che può trovare una ragione nel possibile inquinamento della preferenza). Se così sarà, è ancor più necessario che il cittadino sia protagonista: centralità dei partiti non può significare centralità delle segreterie dei partiti. Pungolare, allora, i partiti perché, almeno, scelgano tutti i candidati con le primarie e scrivano il programma con i cittadini sarà vitale per una democrazia effettiva. Al contrario, l’ulteriore distacco tra cittadini e istituzioni sarà il pericoloso lascito di una riforma che finirà per premiare il potere rinunciando alla politica.

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