Riforma dei partiti e legge elettorale, occasione storica con il governo Draghi
I partiti sono malmessi. Da dove ripartire? La durata presunta del Governo Draghi dovrebbe essere sufficiente per una nuova legge elettorale e una riforma dei partiti, ai sensi dell’art. 49 della Costituzione, al fine di non vanificare la ripresa economica con il Next Generation UE.
Da 10 anni l’Istituto di Ricerca Demos ci dice che l’indice di fiducia verso i partiti è all’ ultimo posto, appena dopo il Parlamento. Sono istituzioni costituzionali screditate, purtroppo.
Le istituzioni, afferma il filosofo Roberto Esposito, sono in crisi proprio ora che la pandemia ha messo a nudo le nostre fragilità.
Eppure esse mai come in questa tragedia epocale, che ha colpito tutto il mondo, sono necessarie per fronteggiare l’emergenza sociale, economica, sanitaria e politica. Perché? È il risultato di una interpretazione sbagliata che vede le istituzioni contrapposte ai movimenti della società. In realtà esse sono alla base di processi innovativi nel rapporto con la politica e la vita. Ciò vale anche per i partiti, assolutamente necessari per la selezione della classe dirigente e per trasformare le domande popolari in risposte della politica.
Oggi bisogna rivalutare tutte le istituzioni come processo istituente, che le veda in sinergia con la vita, con i movimenti della società civile e la politica. Si tratta infatti di istituire una vita nuova come orizzonte simbolico e materiale del secolo. Una urgenza che precede ogni altra necessità di tipo economico, sociale e politico. (R. Esposito, Istituzione, Mulino, Bologna 2021)
Viviamo un tempo straordinario. Servono vision e mission al sistema dei partiti.
I partiti sono in crisi da anni sia pure per ragioni diverse. Anche essi devono aprirsi allora al nuovo orizzonte simbolico e materiale del nuovo secolo per alimentare speranze nei giovani, in particolare, e nei cittadini tutti.
Il PD deve risolvere il suo annoso problema: la crisi di identità. Il partito-sistema logora. Forza Italia registra la fine della spinta propulsiva del suo fondatore. L’ancoraggio al PPE è importante ma non sufficiente per guidare il centrodestra a trazione Lega-FdI.
La Lega vive una fase di riposizionamento al centro dopo la perdita del mentore internazionale Trump ma forti sono le tensioni interne tra anime diverse di un partito che rischia di essere di lotta e di governo.
Il M5S ha vissuto di tutto: un governo con la Lega, uno con il PD, uno con quasi tutti dentro, oggi. Risultato: ha perso un terzo dei propri parlamentari. Ha deciso di affidarsi al leader Conte che è un centrista. Difficile dire quale sarà il suo futuro.
Fratelli d’Italia sta crescendo nei sondaggi e insidia la leadership di Matteo Salvini. Nel contempo si sta riposizionando in Europa nel campo della opposizione di destra.
Italia Viva risulta inchiodata sotto il 3 per centro nei sondaggi. Così altri partiti e movimenti come Liberi e uguali, +Europa, Azione di Calenda.
Questo scenario di ” vuoto politico ” ha generato il Governo Draghi, voluto dal Presidente della Repubblica in emergenza pandemica, per una vaccinazione di massa in tempi brevi, per attuare i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza da 220 miliardi di euro circa. Questa situazione fa prevedere una durata fino al termine della legislatura, nel 2023.
Ecco l’occasione storica per la rigenerazione dei partiti in un sistema politico evidentemente in crisi, a causa degli annosi problemi mai risolti con riforme strutturali, aggravati dal cambiamento d’epoca.
I cittadini sono esausti e disorientati. Chiedono risposte chiare e definitive al mondo della politica: centralità della formazione, educazione civica e ricerca, sanità territoriale e di prossimità per curare le fragilità, riforma della giustizia civile e della Pubblica amministrazione, lavoro, innovazione, produttività del sistema, transizione ecologica e digitale con sviluppo sostenibile, riduzione delle enormi disuguaglianze tra regioni, ceti sociali, generazioni.
Il futuro deve apparire una opportunità come al tempo della Ricostruzione post-bellica. I partiti hanno pertanto il compito di” determinare la politica nazionale” per i prossimi decenni, di riposizionarsi rispetto alla nuova epoca storica, di selezionare una migliore classe dirigente attraverso congressi veri e leader contendibili.
Hanno la necessità di concordare tra loro una buona legge elettorale, che consenta alla coalizione che vince di governare per cinque anni e a chi perde di svolgere il difficile ma importante ruolo di controllo e proposta al fine di migliorare il loro progetto e candidarsi all’alternanza di governo, come avviene in tutti i Paesi democratici “normali”.
La pandemia lascerà morti e feriti. Sta ai veri leader indicare agli italiani la via verso un futuro sereno nella giustizia sociale e nella prosperità. Una nuova legge elettorale è urgente.
L’unità nella diversità delle visioni trova un passaggio difficile in una nuova legge elettorale, in grado di assicurare stabilità e funzionalità al sistema per il bene comune. Durante il Governo Draghi, il Parlamento ha il dovere morale, politico e storico di consentire agli elettori di scegliere i rappresentanti più autorevoli in Parlamento, non i più fedeli ai capi anche se mediocri, ed il governo che vogliono a maggioranza per 5 anni.
Una proposta che merita un approfondimento è quella del prof. Paolo Pombeni sul sito Mentepolitica.
Un mix di uninominale secca e di proporzionale con un numero ridotto di parlamentari sarebbe una miscela esplosiva, afferma il noto storico e politologo. Non sembra più attuabile una legge proporzionale con sbarramento al 5 per cento, vista la composizione della nuova maggioranza.
Le incertezze del proporzionale nella formazione poi in Parlamento di una maggioranza, non sembrano compatibili con le esigenze di stabilità politica per gestire 220 miliardi di Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.
È consigliabile allora presentarsi agli elettori con coalizioni e programmi chiari, alternativi, con squadre di Governo indicate prima del voto. I piccoli partiti non gradiscono ma gli elettori sì. Pombeni propone di affidare la scelta di chi designare per il governo ad un secondo turno se la coalizione non supera il 45%.
Al primo turno ogni partito correrebbe per sé stesso in coalizione con un premier e squadra indicati. In tal modo si supererebbe anche il problema di una soglia di sbarramento alta.
Se nessuna coalizione supera il 45 % dei voti si andrebbe al ballottaggio tra le due coalizioni principali con presidente e ministri più importanti annunciati.
I partiti minori possono allearsi con le due coalizioni al ballottaggio ma non possono presentare una nuova coalizione. Chi vince avrebbe il 55% dei rappresentanti sia alla Camera che al Senato per poter governare. Sembra una proposta ragionevole, da prendere in considerazione nei prossimi mesi. Sarebbe la seconda Ricostruzione della Repubblica dei partiti dopo il 1945, nella legislatura 2023-2028.