Riflettori spenti sulla Grecia
Il 2016 per i greci era iniziato nell’incertezza ma tutti nutrivamo ancora qualche speranza di uscita dalla crisi. Nel 2017 è l’incertezza assoluta l’unica meta all’orizzonte, sotto tanti punti di vista. Anzitutto quello economico: la recessione è sempre più profonda, mentre la disoccupazione ha una tendenza di crescita inarrestabile, specialmente tra i giovani, mentre la classe media è quasi totalmente sparita. Se dovessimo sintetizzare i risultati dell’austerità spacciata come riforme per il Paese, si vedono chiaramente risultati disastrosi: negli ultimi 6 anni hanno chiuso più di 300 mila piccole e medie imprese, la disoccupazione è arrivata al 27%, mentre tra i giovani si registrano picchi del 60%. Il debito pubblico con un Pil sempre più ridotto −un quarto in meno rispetto al 2007 − ha sfondato i 300 miliardi di euro e il debito privato si aggira sui 270 miliardi con un patrimonio statale che è stato in massima parte svenduto.
La Grecia perde potere economico e perde anche i suoi migliori cervelli, in fuga verso l’estero. Pensioni e stipendi tagliati del 40% indicano che non c’è futuro in una terra che ha visto in pochi anni raddoppiata la povertà infantile. La “medicina” proposta dalla Troika non ha fatto effetto sul “paziente” che al contrario è sempre più grave. Atene si dibatte tra Fondo monetario internazionale e Berlino, cercando temporanee alleanze per ridurre il debito, ma al contempo lotta disperatamente contro ulteriori tagli alla spesa previdenziale. Di sviluppo neanche l’ombra. Si vive nel paradosso di constatare il fallimento della ricetta di salvataggio e nello stesso tempo si annunciano ancora tagli.
La crisi sociale che si profila per questo anno è gravissima. Le spese sui medicinali sono state ridotte al punto tale che più di 50 compagnie farmaceutiche internazionali hanno sospeso l’invio di farmaci. La conseguenza sono le maratone cui sono costretti i parenti degli ammalati pur di rifornirli delle cure necessarie. Mancano le attrezzature mediche di base negli ospedali pubblici, mentre più di 7500 medici hanno lasciato il Paese che ora conta solo su circa 6500 specialisti. I costi delle cure sono aumentati al punto tale che neppure chi lavora può permettersi di pagare i servizi sanitari, diventati praticamente inaccessibili per i più poveri e per chi ha un reddito minimo. Anche la qualità delle scuole sta peggiorando a causa della riduzione degli insegnanti, mentre pochissimi sono gli studenti che possono permettersi l’istruzione privata.
A parte le prospettive cupe dei numeri, la crisi sta cambiando la psicologia della popolazione sempre più pessimista e priva di speranza: ci si aspetta sempre e solo il peggio. Tornano abitudini riconducibili al dopoguerra e al passato, quando ci si radunava in piccole taverne dove attorno a un piatto semplice ed economico ci si raccontavano i problemi e le inesistenti o attese prospettive. Si parla delle alternative, dell’immigrazione, della gestione della miseria, del futuro che non c’è. Rivivono mestieri dimenticati come sarti, calzolai e servizi per qualsiasi riparazione. Riaprono negozi di abiti di seconda mano, come nelle memorie di nonni e genitori sopravvissuti alla dittatura.
La famiglia resta il vero patrimonio e i pensionati assistono i figli disoccupati e le loro famiglie perché le entrate non bastano più. La crisi ha rafforzato da un lato i legami sociali ma dall’altro ci ha resi più egoisti, disonesti, evasori, inclini a violare le leggi. E spopola
il mestiere dei “falsi testimoni” per acquisire prove inesistenti di rivalsa nelle cause civili. I tribunali con un esiguo numero di giudici, sottoposti a non poche pressioni politiche, sono un settore anch’esso al collasso e incapace di rispondere alle esigenze di giustizia della gente. Cresce la sfiducia verso il governo accusato di bugie, inganni, furbizie e tatticismi che ormai non convincono nessuno.
Eppure la gente non chiede elezioni perché sa che sia con l’attuale governo di sinistra che con un futuribile governo di centro-destra la medicina resterà comunque amara e poco importa lo stile più o meno elegante con cui si gestirà la miseria. La Grecia necessita una ristrutturazione dalle fondamenta e chiede riforme coraggiose che restituiscano fiducia alla gente e assicurino stabilità politica. Purtroppo le incognite sono molte, troppe, e questo non fa che aumentare l’incertezza.