Riflettere su Chiesa e mondo
In un epoca storica in cui spesso il cristiano preferisce non connotarsi come tale, Raffaele Cananzi, presidente dell’Azione Cattolica nazionale dal 1986 al 1992, già Presidente della Commissione Affari costituzionali della camera nella XIII Legislatura, nel suo libro Riflessioni di un cristiano, Chiesa e mondo a 50 anni dal Concilio Vaticano II (Editrice AVE) trova invece utile e necessario, per un dialogo autentico con gli uomini d oggi, partire dalle proprie scelte ideali, sapendo che si dialoga nella trasparenza del proprio bagaglio culturale e dalla propria esperienza, anche perché come ha più volte ricordato Papa Francesco, in un vero dialogo il cristiano non cerca mai di portare l’altro sulle proprie posizioni.
L’esordio dello scrittore è dedicato alla carta fondante dello Stato italiano. “Nonostante la bellezza e la ricchezza della nostra Costituzione, la condizione politico-istituzionale non brilla; anzi è palesemente in difficoltà. I cittadini sono sempre più lontani da una partecipazione attiva al processo democratico e vivono con grave disagio lo svolgersi della politica che, nell’apparato mediatico e parlamentare, appare contrassegnata da un dibattito ripetitivo e reciprocamente sordo, senza spirito dialogico, svolto con pregiudiziali chiusure, e incapace di trovare soluzioni condivise sui più rilevanti problemi italiani. La polemica politica è eccessiva, spesso priva di contenuti innovativi e propositivi, limitata più all’ordinaria registrazione di fatti amministrativi che di ampi orizzonti sociali, non raramente espressa con toni di volgarità e talvolta ingiuriosi.”
Basterebbero già queste parole per farci capire la portata di queste pagine intense, stimolanti e vitali, dove Cananzi evidenzia proprio lo smarrimento dei valori etici della nostra Costituzione e con essi l’esercizio di alcune virtù civiche essenziali alla convivenza civile. Di qui la necessità di una rigenerazione democratica che lui, metaforicamente chiama “un terzo Risorgimento” che porti i cittadini nell’impegno sociale e politico, ossia ad una cittadinanza che vinca l’indifferenza e l’apatia diffusa, e con ragione e passione faccia sentire “tutti responsabili di tutti”.
Dobbiamo una volta per tutte, afferma Cananzi, smettere di guardare il nostro particolare per farci carico del bene comune, in un momento in cui più che l’esercizio dei diritti, vediamo in politica spesso l’abuso dei privilegi della cosiddetta “Casta” a livello nazionale ma anche a livello locale.
Cananzi si sofferma anche sul dovere di solidarietà: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e le proprie scelte, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società in cui vive.” (Art. 4 della Costituzione) Purtroppo, come egli osserva, a questo dovere costituzionale quasi mai corrisponde da disponibilità a consentire l’esplicazione di esso.
Inoltre, per rimanere ancora nel campo della politica, egli afferma che la politica non deve diventare una professione e deve essere esercitata per un periodo limitato di tempo: “Chi sceglie di fare il politico per professione dovrebbe essere scartato in principio. La legge dovrebbe vietare la prosecuzione dopo due mandati. Il politico che fa della politica una professione finirà sempre per mettere il proprio interesse davanti a quello comune, perché la sua permanenza in politica verrà sempre prima di ogni altra istanza pubblica. E qui Cananzi si sofferma ad analizzare la situazione dei partiti oggi e il dovere di rigenerarli.
Attenta e lucida è poi l’analisi sul rapporto tra Chiesa e Stato dopo il Concilio vaticano II e le conseguenze delle leggi sul divorzio e sull’aborto. “Ci si rese conto all’indomani di questi due momenti che l’Italia non era più un paese naturalmente cattolico e che si apriva un tempo nuovo per la Chiesa che non poteva e non doveva – come bene aveva evidenziato il Concilio, limitarsi ad amministrare i sacramenti, ma doveva impegnarsi principalmente nella promozione umana, come l’AC aveva già scelto nel 1969, per fare emergere un volto nuovo della Chiesa che evangelizza nel rispetto di tutti, non negando l’esistenza di verità e bene anche in chi non di definisce cristiano.”
Riflessioni ampie e dettagliate anche sulla nuova questione meridionale, sui giovani nel Sud, sulla famiglia e sulla spiritualità familiare, nonché sulla dottrina sociale della Chiesa, sull’impegno culturale dei cattolici. Gli elementi di conoscenza storica ci sono tutti e c’è anche una prospettiva di analisi: il superamento dell’individualismo.
Infine il tema della pace. Raffaele Cananzi si domanda che cos’è la pace e trova risposta nelle parole di don Tonino Bello: “Pace è giustizia e libertà, dialogo, crescita, uguaglianza. Pace è riconoscimento della dignità di ogni uomo Pace è rispetto ed accettazione della diversità dell’altro, considerata come un dono. Pace è solidarietà vissuta ogni giorno. Pace è vivere faccia a faccia con l’altro, non teschio a teschio, non con gli occhi iniettati di sangue. Pace è far posto all’altro e instaurare relazioni di parola, comunicazione, insegnamento. Pace è avere la passione per l’uomo e vivere ogni giorno perché i suoi diritti vengano rispettati.”
Un grazie a Raffaele Cananzi che entra con questo suo libro nel nostro vissuto e lo orienta con animo libero e forte verso l’umanità in un servizio vero, disinteressato, gratuito e vissuto con umiltà.