Rifiuti a Roma, eterna emergenza
Ci risiamo! Roma sprofonda di nuovo nel caos rifiuti.
Da nord a sud, da est a ovest della città, passando per il centro, ovunque si trovano cassonetti in strada stracolmi di spazzatura. Ci sono zone dov’è stata avviata la raccolta differenziata porta a porta e zone dove ancora sussistono i cassonetti in strada. Ma in entrambi i casi la spazzatura straborda.
Rischiamo un’emergenza sanitaria.
Si dà la colpa alla chiusura di Malagrotta che, dopo 30 anni di attività – era la discarica più grande d’Europa – è stata chiusa dalla giunta guidata dal sindaco Ignazio Marino.
Il problema a Roma infatti non sono le discariche, ma la raccolta differenziata. Il dato è fermo al 2016. Nel 2013 (giunta Alemanno) la città di Roma avviava al riciclo il 31% dei rifiuti. Nel 2016 (giunta Marino) il dato è salito al 43%. Con l’attuale giunta il dato è rimasto invariato, o per essere più precisi ha avuto l’incremento del solo 1%. Ma andando a vedere i dati Ama (società dei rifiuti della Capitale) pubblicati sul sito, nel primo trimestre 2014 rispetto all’anno precedente la differenziata registra + 5,4%, nel 2015 sul 2014 +4,1% e nel 2016 sul 2015 +6,5%. A confronto, il dato +1,6% nel 2017 sul 2016 indica un andamento molto lento.
Sul sito web dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) c’è la voce Catasto Rifiuti nazionale con i dati della raccolta differenziata di tutti i comuni italiani dal 2010. In una sezione dedicata (Gestione RU) si trovano anche i dati riguardanti il trattamento nelle varie tipologie di impianti smaltimento/recupero/riciclo a livello regionale.
Per il Comune di Roma ci sono i dati della raccolta differenziata dal 2010 al 2016 e possiamo notare che fino al 2012 le cifre sono ben sotto il 25% mentre tra il 2013 e il 2016 la raccolta differenziata sale di 4-5 punti percentuali l’anno (circa 70-80.000 tonnellate l’anno che vanno a riciclo invece che a discarica e/o inceneritore).
La raccolta differenziata a Roma inizia con Alemanno (piano AMA-CONAI) nel 2012 e viene estesa inizialmente solo in un municipio (Roma oggi è divisa in 15 municipalità, ma quando c’era Alemanno le municipalità erano 20). Con l’amministrazione del centro sinistra guidata dal sindaco Marino sono state apportate alcune migliorie al piano del riciclo rifiuti, e la raccolta differenziata viene estesa (da giugno 2013) anche agli altri municipi, ma non in tutti i quartieri.
Il problema è proprio questo: il “porta a porta” non è esteso in tutte le strade e in tutti i quartieri. Se ad esempio in un condominio di via della Pisana si effettua la raccolta differenziata “porta a porta”, il condominio a fianco non usa questo tipo di raccolta (per colpa del comune che non lo ha esteso a tutti) e quindi ci sono i cassonetti in strada. E molti cittadini svogliati (che avrebbero il porta a porta) vanno a gettare rifiuti in questi cassonetti. Nessuno vigila o fa rispettare le regole e si crea il caos.
Come dicevamo più sopra il problema poi non sono le discariche. Al momento quello che serve per Roma (anche se non è un’ottima soluzione) sono i TMB cioè gli impianti di trattamento meccanico biologico.
“Nella capitale – spiega l’economista Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys, società specializzata nella consulenza strategica e nella ricerca nel settore ambiente – si sono prodotti nel 2016 circa 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti urbani; di questi meno della metà, circa 700 mila tonnellate, viene raccolta in modo differenziato per poter essere avviata a riciclo. Rimangono quasi un milione di tonnellate di rifiuti indifferenziati che sono avviati a trattamento meccanico biologico (Tmb) per poter essere successivamente inviati in discarica o a termovalorizzatori”.
Ma come dicevamo anche il Tmb però non risolve del tutto il problema.
Può aiutare momentaneamente per risolvere l’emergenza di questi anni…ma i cittadini non lo vogliono perché è un sistema che comunque crea depositi maleodoranti.
“Il TMB resta un trattamento intermedio (e un aggravio di costi) che non chiude il ciclo dei rifiuti – spiega sempre Marangoni – Finora a Roma è mancata una gestione industriale. Nel 2016, ad esempio, Ama ha investito l’1,7% del valore della produzione, la metà del 2015, contro il 4,7% medio delle maggiori 100 aziende del waste management rilevato dal Was” (dati WAS – Waste Strategy di Althesys, il think tank di riferimento in Italia per l’industria dei rifiuti).
Che fare?
Bisogna innanzitutto avviare il porta a porta in tutti i municipi, in tutti i quartieri, in tutte le strade, in tutti i condomini, le attività commerciali e le aziende pubbliche e private.
Solo avviando un serio riciclo del rifiuto si può ridurre l’indifferenziato.
Dopo la chiusura di Malagrotta – atto dovuto ma non certo imprevisto dato che è stato rimandato per molti anni – non ha fatto seguito la creazione di alternative. La giunta Marino aveva iniziato a lavorarci ma poi si è conclusa la sua attività amministrativa con la caduta del sindaco. Per questo oggi l’Ama non è in grado di gestire una parte consistente della raccolta differenziata. Delle 700 mila tonnellate, circa 250 mila sono materiale organico e l’unico impianto di compostaggio della società, autorizzato a trattarne 30 mila tonnellate l’anno, nel 2016 ne ha gestite meno del 6% (14 mila). Senza impianti di trattamento questo film dell’emergenza rifiuti è destinato a durare ancora per molto.