Ricordando Paola, morta di fatica a 49 anni
"A cosa stai pensando?", mi chiede Facebook ogni volta. Oggi sto pensando a Paola. Paola Clemente, morta qualche giorno fa, probabilmente schiantata dalla fatica di un lavoro impossibile: sotto il sole assassino di un vigneto, per due euro l'ora; 300 chilometri al giorno solo per andarci e tornare. «Soldi indispensabili», ha detto il marito che ora chiede verità e giustizia. Perché di questa morte assurda manca perfino un referto.
Paola partiva di casa alle due di notte e tornava sfinita a pomeriggio inoltrato. Senza mai lamentarsi. Del resto non poteva fare altrimenti per far quadrare i conti. L'ennesima tragedia figlia del caporalato, scrivono oggi quei pochi media che se ne sono occupati. Giusto. Giustissimo. Una delle tante che ogni giorno dribblano la mia coscienza imbolsita d'Occidentale frignante e impotente. Per questo m'è difficile, anche questa volta, non sentirmi in qualche modo colluso.
Sicché sotto questo nubifragio agostano, penso a lei. E a tutte le altre/i che di certo, in questo preciso istante, stanno rischiando la stessa fine col collo infilato in una delle infinite garrote del pianeta. Penso e scrivo: non per raccattare qualche rassicurante "mi piace", ma per ricordarmi degli infiniti privilegi di cui è fatta mia vita. Almeno questo, sento che a Paola glielo devo.