Ricordando la Dormizione della Vergine

Alla vigilia della festa dell'Assunzione, nella basilica mariana del Gesù Vecchio a Napoli, con un commovente rito si ricorda il il "Transito" di Maria
L'altare della Basilica mariana del Gesù Vecchio a Napoli

Insospettata oasi di tranquillità nel cuore del tumultuoso centro storico partenopeo, via Giovanni Paladino è lontana dal flusso dei turisti. In fondo a questa via angusta e senza sbocco si è sorpresi dalla maestosa facciata vagamente borrominiana di una chiesa: la prima eretta a Napoli dai gesuiti, il cui annesso collegio ospita oggi l’università Federico II. Gesù Vecchio è il suo nome, per distinguerla dal più famoso Gesù Nuovo, il principale tempio gesuitico della città, che l’Ordine di sant’Ignazio ricavò trasformando il palazzo dei principi di San Severo.

La chiesa, ad unica navata con cappelle laterali, è un notevole esempio di stile tardo barocco, con rifacimenti dei secoli successivi. Magnifica, armoniosa, ricca di marmi policromi e di dorature rifulgenti alla luce che piove dai finestroni e dalla cupola, è un vero museo di opere d’arte, con tele di famosi maestri del Seicento e Settecento napoletani, come Andrea Malinconico, Francesco Solimena, Battistello Caracciolo, Francesco De Mura, e con sculture di Matteo  Bottigliero e Cosimo Fanzago. Nell’abside, pregevoli interventi di Domenico Morelli, pittore ottocentesco della Scuola di Posillipo.

Ma ciò che cattura lo sguardo è l’altare maggiore sormontato dal tempietto ad intercolunnio circolare che accoglie il trono dell’Immacolata: vi si accede tramite due rampe marmoree sulle quali dieci statue femminili sostengono candelabri di bronzo dorato (le «dieci vergini con le lampade accese», di cui parla il Vangelo). Domina questa scenografica gloria di marmi e di bronzi dorati, veneratissima dal popolo, la piccola statua della Vergine col Bambino: è la “Madonnina di don Placido”, così chiamata perché fu voluta da don Placido Baccher, rettore di questo santuario mariano, secondo la visione che egli ebbe  mentre, giovane buono e ingenuo che per nulla si occupava di politica e di moti rivoluzionari, languiva nel carcere di Castel Capuano, sospettato – al tempo della Repubblica partenopea del 1700 – di fedeltà ai Borboni. Scampato due volte alla morte, Placido si fece sacerdote secolare del Terz’ordine di San Domenico, e in seguito si prodigò strenuamente per riportare il Gesù Vecchio, rimasto abbandonato per anni, all’antico splendore. Apostolo infaticabile per quarant’anni tra il popolo, benefattore dei poveri, questo sacerdote maldestro e non bello di aspetto, ma esemplare per umiltà e penitenza, raccolse innumerevoli conversioni; perfino facinorosi dell’epoca venivano a consegnargli armi d’ogni genere e chiedevano di confessarsi per cambiar vita.

La mattina del 14 agosto, vigilia della festa di Maria Assunta, il Gesù Vecchio è gremito per un commovente rito che ha luogo, a Napoli, solo qui e nella chiesa della SS. Annunziata Maggiore: si commemora la Dormizione o il Transito di Maria, che dopo la morte – così, la dottrina cristiana – non subì la decomposizione del sepolcro, allo stesso modo di suo Figlio, ma venne assunta in cielo anima e corpo.

Lo spettacolo è singolare: al centro della crociera, sopra un catafalco ricoperto di ricchi drappi, giace una statua della Vergine dormiente con le mani giunte, attorniata da una profusione di rose bianche. È l’unico giorno dell’anno in cui Maria è presentata ai fedeli così effigiata. La navata risuona di canti e preghiere. Un sacerdote esprime a nome di tutti l’omaggio alla Madre, la cui sorte celeste è segno di speranza per tutti i suoi figli. Nubi d’incenso salgono verso la volta, intercettate da blandi fasci di luce. Il popolo partecipa in un’atmosfera solenne, di intima commozione e di attesa gioiosa per la festa dell’indomani, quando la Madonna verrà celebrata nella sua gloria: proprio come la vide nel suo carcere e la volle rappresentata don Placido Baccher.

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