Ricordando Jannacci

A un anno di distanza dalla morte, Enzo Jannacci continua a restare nella memoria degli italiani un inimitabile cantore del proprio tempo e delle nostre nevrosi. Un disco e una nuova biografica ne celebrano la storia
Enzo Jannacci

Il poeta dei minimi e della gente comune; il bislacco ma implacabile fotografo di un paese in perenne precario equilibrio tra bizzarrie poetiche e genialità artigianali, cultura alta e bassa, snobismo e genuinità da balera o da Bar Sport. Perché se da un lato il dottor Jannacci è stato la voce dei marginali, dall’altro non aveva mai perso quell’aura vagamente aristocratica di chi sente d’aver poco da spartire con le convenzioni e le consuetudini che lo circondavano, tanto nell’ambiente medico, quanto in quello dello spettacolo.

Enzo Jannacci manca all’Italia di oggi anche perché, probabilmente, avrebbe saputo coglierne aspetti e prospettive che ancora ci sfuggono. Ma, se non altro, a perpetuarne il ricordo restano le sue canzoni. Comprese quelle che fan bella mostra di sé ne L’artista (Ala Bianca) una raccolta curata dal figlio Paolo che negli ultimi tempi gli aveva proposto di riarrangiare e di reinterpratare una manciata di suoi vecchi brani, tra i meno noti del suo repertorio. Un disco che uscì poche settimane dopo la sua morte: elegante, sospeso tra jazz e pop-rock d’autore, con l’inedita Desolato interpretata insieme al rapper J-Ax, e un clip al quale avevano preso parte vecchi e nuovi amici tra cui Claudio Bisio, Jovanotti, Ligabue e Caparezza. Ma per chi volesse ritrovare i suoi cavalli di battaglia c’è pur sempre la doppia raccolta The Best pubblicata nel 2006, con dentro le memorabili Vengo anch’io, El purtava i scarp del tennis, Quelli che, fino alle più recenti Ci vuole orecchio e La fotografia.

Per chi volesse invece approfondire il peso e l’eredità lasciata dal Nostro, consiglio invece il bel volume di Andrea Pedrinelli Roba minima (mica tanto), fresco di stampa per l’editrice Giunti. Una sorta di catalogo sviluppato attraverso le sue stesse canzoni per ripercorrere le tappe salienti di una carriera cinquantennale: tanto anomala quanto straordinaria. Un racconto guidato dalle sue stesse rime stralunate, attraverso l’Italia del miracolo economico, e poi quella smarrita tra gli anni “di piombo” e quelli “di panna”, fino alle inquietudini e le depressioni del precariato presente. Dentro ci troverete non solo la storia di tutte le sue canzoni, ma anche il suo mai sopito amore per il jazz e gli umori cangianti della sua Milano, gli anni del mitico Derby e l’amicizia con quell’altro genio dell’anticonformismo che fu Beppe Viola. Un lavoro ben fatto e puntiglioso che ben s’integra con la biografia di Paolo, pubblicata da Mondadori nel 2011 col provocatorio titolo di Aspettando il semaforo. L’unica biografia di Enzo Jannacci che racconti qualcosa di vero: 177 pagine stracolme di aneddoti, di dialoghi affettuosi e surreali; per provare a raccontare il meno raccontabile tra i padri del nostro cantautorato.

 

 

Franz Coriasco

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