Ricordando Daniela Dessì
Se n’è andata in fretta, il 20 agosto, con una malattia fulminante di pochi mesi, a 59 anni. Daniela Dessì, una scomparsa inattesa, una donna affettuosa, semplice, cordiale, senza toni divistici. Un’amica per chi scrive, che l’ha potuta incontrare più volte a Gussago, presso Brescia, dove il soprano genovese viveva con il compagno di vita e d’arte, il tenore Fabio Armiliato. Erano molto innamorati, e lo si vedeva, anche sul palcoscenico. Ricordo quando, dopo il debutto in Cavalleria rusticana al Teatro Greco di Taormina, due anni fa, i due si scambiarono un tenero e rapido bacio alla fine della rappresentazione – un grande successo – davanti a tutti.
Daniela ad oltre 50 anni aveva osato un nuovo esordio: lei era una che amava le sfide. Vinse anche quella di Bologna, dove debuttò nel 2008 in Norma. Nonostante la cattiveria umana le avesse riservato lo squillo di un cellulare proprio mentre intonava la celebre e tremenda aria “Casta diva”, imperterrita andò avanti, sostenuta da Fabio. E vinse: il dvd lo sta a dimostrare. Aveva altri ruoli in mente: ad esempio Lady Macbeth ed io, a casa sua, la sentii intonare la frase del delirio “Una macchia è qui tuttora” come l’avesse già pronta. Un brivido.
Daniela, la ragazza che era nata con l’amore per il canto lirico in casa, che aveva debuttato giovanissima nella Serva padrona di Pergolesi, aveva affrontato poi un repertorio di settanta opere, da Monteverdi a Prokof’ev: era appassionata, nel canto e nella vita. Contesa dai teatri più celebri di tutto il mondo – da New York a Londra, da Parigi a Barcellona, dalla Scala a Tokio – ha cantato sotto la direzione dei più grandi: Giulini, Karajan, Kleiber, Patanè, Chailly, Metha, Gelmetti, Abbado e Muti.
Il Don Carlos diretto da Abbado è uno dei migliori mai eseguiti: la sua voce dal timbro lirico “rugiadoso” mi stupì. Cominciò così l’amicizia con lei: con una intervista per la rivista Città Nuova e poi il libro-intervista del 2014, Appassionata (edizioni Paoline), che presentammo insieme e che lei voleva ampliare.
Ma Daniela è stata grande nel Belcanto e poi in Mozart. La Trilogia italiana eseguita con Riccardo Muti ha segnato un’epoca: il suo Così fan tutte è un cesello da riascoltare. Poi, Verdi e Puccini. Aida, Traviata – una Violetta, la sentii a Genova, molto accesa – e le creature pucciniane, specie l’intensa Madama Butterfly che lei rendeva con lo spirito di una attrice consumata.
Voce naturale bellissima, ma curata con uno studio indefesso. Lo stesso che Daniela esigeva dai suoi allievi, a cui dava lezione anche a casa sua, seduta al pianoforte a mezzacoda, fra decine di spartiti e ricordi di incontri con celebrità del presente e del passato.
Ma del grande soprano – oggi forse quello italiano più famoso al mondo – non resta solo lo straordinario patrimonio musicale. Rimane il circolo caldo degli affetti con Fabio e il figlio Jacopo. Resta l’impegno a sostenere pudicamente e generosamente insieme a Fabio l’associazione “Shalom” presso Brescia, dedicata al recupero di giovani in situazioni difficili. E la sua religiosità mai venuta meno, non esibita, ma sincera.
Dovevamo vederci a maggio per dei progetti. Invece, la malattia. Una grande perdita per la musica, ed anche per i tanti che l’hanno amata. Rimane per fortuna la sua voce cristallina, piena di vita, le sue incisioni, sovente insieme alla voce virile di Fabio.
Domani pomeriggio a Brescia nel duomo i funerali. Sarà sepolta a Gussago.