Ricominciare? Si può
Accade nell’ultimo film di Eugenio Cappuccio “Se sei così, ti dico sì”. Una commedia sull’Italia di oggi.
Ritrovare la propria dignità di uomo. Possibile? Pietro Cicala (Emilio Solfrizzi) è un ex: del matrimonio, perché divorziato dalla moglie Marta (Iaia Forte), che ne ha perso la stima; dal lavoro – è costretto a fare il cuoco nel ristorante di lei –; del successo. Negli anni Ottanta con un tormentone estivo Io tu e il mare aveva fatto il pieno di vendite e di soldi. Poi, speso tutto, fallito, intristito. Un povero piccolo uomo senza futuro in un paesino della Puglia.
Ma il destino – la provvidenza? – gli offre una seconda possibilità. Ricercato dall’ex agente per la trasmissione di Carlo Conti I migliori anni, torna a esibirsi con la sua “canzuncella” e si incontra con la star del momento, Talita Cortes (Belèn Rodriguez), che con notevole cinismo sa ben amministrare la sua carriera e sfruttare la stranita ingenuità di Cicala. Il quale però ritrova sé stesso e decide, almeno per un giorno, di ricominciare.
Questa la sintesi del film brillante e caustico di Cappuccio. «Racconta – dice il regista – in chiave di commedia l’eros diffuso, la paura di sentirsi inadeguati, la voglia di ritentare nuove occasioni, ma pure considerazioni sull’Italia di oggi. Si sofferma in modo notevole sul tema dell’apparire, a cui cede il protagonista che però non vende l’anima».
Infatti, «il film vuole parlare del valore della dignità di un piccolo grande uomo che si fa trascinare, ma non si lascia andare alle fibrillazioni effimere del successo».
La maschera che il povero Cicala deve indossare per riapparire in tivù, come un tempo, «non è altro che un passaggio verso un ulteriore stato: quello di un uomo che, nonostante la vita con lui non sia stata generosa, riesce a ritrovare un briciolo di voglia di esistere, dire la sua, a riscattarsi dall’apaticità che viene dalla voglia di piangersi addosso. Per il tempo che ci resta è infatti importante coltivare obiettivi creativi, vitali, forse morali. L’esperienza è un valore, fallimenti compresi».
Lo sguardo di Cappuccio è dunque lungo e tutt’altro che superficiale. L’ironia e la bontà di fondo con cui guarda le nostre debolezze, e le frecciate al sistema mediatico che annulla l’anima, aprono un grumo di speranza: non solo per i tanti Cicala di sempre, ma forse anche per l’Italietta di oggi.