Ricominciare. Sempre
È l’insegnamento di Nadia Fanchini, di nuovo in pista dopo una lunga serie di episodi negativi.
Nella carriera di uno sportivo, e di uno sciatore in particolare, gli infortuni sono purtroppo da mettere in preventivo. In alcuni casi possono essere meno gravi, risolvibili semplicemente con qualche settimana di stop. In altre circostanze le cose sono invece più complicate. Talvolta è necessario sottoporsi ad un intervento chirurgico, ad un periodo di riabilitazione, si è costretti a sopportare una sofferenza prima fisica e poi soprattutto psicologica, nel dubbio di non riuscire più a tornare quelli di prima.
Nadia Fanchini ne sa qualcosa. Dopo aver esordito in Nazionale giovanissima, la nostra sciatrice offre una serie di prestazioni sempre più convincenti e, per la sua polivalenza (è competitiva in discesa, super-g e gigante), molti vedono in lei una possibile erede di Deborah Compagnoni. Quarta in discesa ai Mondiali del 2005, ad inizio dicembre dell’anno successivo la Fanchini raggiunge il primo podio in una gara di Coppa del mondo. Purtroppo però, proprio pochi giorni dopo iniziano i suoi guai.
In una brutta caduta avvenuta durante una discesa libera Nadia si procura un trauma cranico ed una frattura ad un polso. Recupera in fretta ma poi, dopo solo tre mesi, si rompe il tendine crociato di un ginocchio durante un gigante. Questa volta la ripresa è più tormentata, e quando il brutto infortunio sembra finalmente alle spalle ecco un nuovo imprevisto stop. I medici del Coni le negano provvisoriamente l’idoneità agonistica per verificare meglio le cause di alcuni problemi cardiaci. La ragazza della Val Camonica passa davvero un momento difficile, tormentata da dubbi e paure. In quel frangente della sua vita l’aiuta molto la fede, ed alla fine, appurato che i fastidi erano dovuti ad extrasistole benigne, le viene dato l’ok per riprendere l’attività.
Nadia riparte e ai Mondiali del 2009 vince il bronzo in discesa libera candidandosi a recitare un ruolo da protagonista alle successive Olimpiadi di Vancouver del 2010. L’inizio della stagione a cinque cerchi non è però dei migliori. La nostra atleta pare non riuscire più ad esprimere tutto il suo talento, bloccata anche da una tragedia familiare (una cugina morta in un incidente stradale) che sembra averla svuotata di motivazioni. Gradualmente ritrova però “energie positive”, ritorna sul podio in coppa, ma nell’ultima gara disputata prima dei Giochi ecco materializzarsi un nuovo “incubo”.
Quella che sarebbe potuta essere una “normale caduta” si trasforma infatti in un gravissimo infortunio: rottura di entrambi i legamenti crociati e collaterali delle ginocchia! Purtroppo negli ultimi anni, nel tentativo di cercare sempre maggiore velocità, il mondo dello sci ha colpevolmente trascurato la sicurezza. Scarponi agonistici di ultima generazione, rigidissimi, che bloccano piede e gamba senza permettere all’atleta il minimo gioco. Sconsiderate tracciature dei percorsi, a volte privi anche di adeguate strutture di protezione. Così, per uno sciatore che in pista incontra una difficoltà, risulta davvero difficile evitare di infortunarsi.
Per la nostra atleta è l’inizio di un nuovo “calvario”. Settimane spese tra il letto e la sedia a rotelle, in preda a dolori che potevano essere placati solo con l’uso di morfina. Poi, passata la fase peggiore, Nadia si rimbocca nuovamente le maniche e comincia a lavorare per quasi sei ore al giorno tra palestra e piscina sognando il ritorno sulla neve. Ora, ad otto mesi dall’infortunio, ha finalmente ottenuto il via libera dai medici per allenarsi con le compagne di squadra, un primo ma significativo passo verso l’uscita dal tunnel. È ancora presto per dire se la vedremo in gara a Lake Louise, a fine novembre, dove sono in programma le prime prove di discesa e supergigante della Coppa del mondo di sci alpino 2010-2011. Ma la cosa più importante è che Nadia ce l’abbia fatta ancora una volta. Ricominciando, come sempre.