Ricky

Cinema

François Ozon è un autore originale, non facilmente inquadrabile. Quest’ultima sua opera ha il valore di una metafora, ricca di significati. Sembra una fiaba dei fratelli Grimm, raccontata in chiave moderna ed ambientata nel mondo proletario di un sobborgo francese. I modi dimessi di un realismo grigio si intrecciano con quelli del racconto fantastico.

Un’operaia è in crisi, stanca di lavorare. Vive con un uomo da cui ha un bambino, al quale spuntano le ali, permettendogli di volare. Ciò cambia profondamente la vita della donna e della famiglia.

In una intervista, il regista ha detto che non gli interessava fornire un’interpretazione univoca, quanto suscitare domande negli spettatori, lasciandoli liberi di intuire secondo le proprie sensibilità. Tuttavia, ha suggerito qualche sua intenzione. Per esempio, di aver voluto mettere in evidenza la gioia che la nascita di un figlio porta, anche quando con lui arrivano situazioni insolite e scomode, che soltanto lo sguardo d’amore materno riesce ad elaborare ed accettare pienamente. Ed ha accennato all’importanza di tenere presente che egli sarà un individuo indipendente e, a volte, dotato di capacità eccezionali, cui va lasciata libertà di esprimersi.

Il film, dall’iniziale dramma della situazione precaria della madre, si evolve nella commedia dell’avventura familiare intorno ai primi voli del bambino e finisce con scene liriche, ricche di simbolismo. Il bambino alato che va a vivere nel bosco vicino a casa, è la rappresentazione di un angelo o di Eros: un’entità, che ha a che fare con il mondo spirituale e conferisce alla donna, che ne avverte segretamente la presenza, una carica preziosa che riversa sulla famiglia stessa, sotto forma di serenità.

 

Regia di François Ozon; con Alexandra Lamy, Sergi Lopez, Mélusine Mayance.

 

 

Valutazione della Commissiona nazionale film: consigliabile, poetico (prev.).

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