Ricerca di identità

Il Festival foggiano, nella direzione artistica di Geppe Inserra, si conferma come una delle più seguite rassegne di quei film d’autore che non sempre riescono a trovare opportuni canali di distribuzione. Accanto alla sezione lungometraggi, quella dei corti e dei cortissimi e tutta una serie di iniziative culturali collegate con le scuole del territorio: laboratori creativi, convegni, presentazione di libri, mostre artistiche. Tema di fondo del Festival: cinema e psiche, con un’attenzione ai temi della ricerca di identità, dell’accettazione della diversità e degli esclusi, espressa anche dalla mostra Mail Art Stigma di Luigi Storace, con 150 artisti di 35 nazioni. Significative, tra le opere italiane fuori concorso: Chiaroscuro di Valerio Contessa e Tony La Gatta con Luigi Minischetti e Claudia Koll, ovvero la storia di un uomo in profonda crisi esistenziale che cerca disperatamente di ritrovare se stesso attraverso la fede, e Quale amore di Maurizio Sciarra, ispirato alla celebre Sonata a Kreutzer di Tolstoj, con un sensibile Giorgio Pasotti nel ruolo del giovane marito dominato da una folle gelosia. Il premio quale miglior film è andato a I cinghiali di Portici, opera prima di Diego Olivares. Valore del film è quello di entrare con tono leggero e scanzonato nell’esperienza di un gruppo di giovani, ospiti di una comunità terapeutica. Si aggiudica invece il premio per la sceneggiatura e la migliore interpretazione Mater Natura di Massimo Andrei, omaggio alla vita dei transessuali. Pur rispettando il verdetto delle giuria, presieduta da Maurizio Sciarpa, ci ha lasciati, alquanto perplessi, l’esclusione dai premi di Antonio, guerriero di Dio di Antonello Belluco con uno straordinario Jordi Mollà e di Fuoco su di me di Lamberto Lambertini con un cast di attori straordinari tra i quali un bravo Massimiliano Varrese e un grande Omar Sharif. Due film senza i quali il festival avrebbe certamente perso la sua connotazione e il suo spessore. Degne di attenzione anche le opere prime: Basta un niente di Ivan Polidoro, omaggio alla commedia italiana fuori dagli schemi oggi in voga, nel rifiuto della volgarità gratuita e ricco di humor graffiante, e Replay di Giorgio Grasso, film coraggioso, bene interpretato da Leandro Guerrini e Yassmin Pucci, sulla drammatica incapacità di tanti giovani a gestire le emozioni e i sentimenti, con la frase di Pascal: Le ragioni del cuore, che la ragione non sa, in epigrafe. Pienamente condiviso il premio ex-equo dato dai giornalisti a Sfiorarsi di Angelo Orlando e a Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti: l’importanza di un corretto rapporto con ogni persona che incontriamo in Sfiorarsi, la necessità di non essere chiusi a coloro che scelgono di condividere con noi un pezzo della loro esistenza in Il vento fa il suo giro. Per le prossime edizioni del Festival, auspichiamo che, per i lungometraggi, la sezione delle opere prime venga distinta dalle altre.

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