Riccardo Muti a Roma
Sta facendo bene il Teatro dell’Opera romano a farci rivedere online le opere verdiane dirette da Muti in una stagione che oggi appare davvero storica.
Anche perché , risentendole con calma – chi scrive le ha ascoltate dal vivo – si avverte meglio il valore di quelle interpretazioni che fanno di Muti oggi il miglior conoscitore del mondo verdiano. Dopo il Simon Boccanegra, c’è stato l’Ernani del 2013 e da oggi il Nabucco.
Ernani è opera giovanile di un Verdi fiammeggiante, ridotta a pochi personaggi essenziali : il tenore, cioè il bandito Ernani, il soprano, ossia Elvira, contesa dal baritono Don Carlo, imperatore, e dal basso Silva, uomo nero del destino.
Atmosfere corrusche, cori di banditi, cori di ribelli (“Si ridesti il Leon di Castiglia”, visto in seguito come musica “risorgimentale”), caratteri icastici dei personaggi, tratteggiati da linee sicure e slanci melodici. Arie e cabalette, concertati grandiosi – il magnifico del terzo atto (“O sommo Carlo”) – e il tema del destino che riempie l’incisivo quarto atto come forza ineluttabile della morte.
Essa rapisce l’amore, tema squisitamente romantico e verdiano. La musica ha momenti molto belli,ritmi fosforescenti, esclamazioni appassionate, ardore, coraggio e pianto.
L’interpretazione romana di Muti valorizza al massimo questi elementi, puntando alla bellezza. Della parola, tornita e chiara, della melodia sia singola che nell’intreccio vocale, e sia dell’orchestra in cui le sfumature diverse degli strumenti vengono valorizzate con colori e dinamiche puntuali.
Ne risulta un lavoro di cesello e insieme una concezione drammatica puntata anche sul fuoco, sull’energia e su un confronto Donizetti-Verdi ben visibile.
Il risultato è un sottolineare convergenze e differenze fra i due stili, o meglio le due poetiche. L’ultimo Donizetti è più avanti rispetto al Verdi di questo anno 1844, che però inizia là dove il Bergamasco finisce: ossia irrompendo con un furore sentimentale ed espressivo al calor bianco ed un amore per la sintesi che è già potente.
La tensione alla bellezza, tipica della direzione di Muti, si riversa sulle voci di Luca Salsi, Don Carlo, nobilmente espansa; di Francesco Meli,Ernani che ricama sul valore della parola; di Tatiana Serjan, Elvira di rara bellezza vocale e sullo stupefacente Silva di Ildar Abdrazakov, basso lucente e oscuro, morbido e possente.
L’allestimento firmato da Hugo de Ana ha il merito di non disturbare la musica, ma di favorirla con una educazione di gesti e movimenti di raro equilibrio che rendono lo spettacolo qualcosa di prezioso, sotto qualche aspetto forse superiore a quello scaligero degli anni Ottanta. Anche i grandi interpreti maturano col tempo.
Da oggi sul sito del Teatro è la volta di Nabucco, opera di un Verdi quasi esordiente, dalla bellezza corale forse mai più eguagliata come verginità di ispirazione. Buona visione!