Restauro del baldacchino del Bernini a San Pietro

A 400 anni dalla realizzazione del ciborio e 250 dall’ultimo restauro, l’opera di Bernini sarà oggetto di una serie di interventi che dureranno meno di un anno
Baldacchino del Bernini Basilica di San Pietro. Foto Wikipedia

Architettura effimera, forse tra gli interventi più conosciuti di Gianlorenzo Bernini all’interno della basilica vaticana che si erge al di sopra dell’altare maggiore e segna il luogo della sepoltura di Pietro, il primo successore di Cristo alla guida della Chiesa.

Stiamo parlando del celeberrimo baldacchino di bronzo, alto 30 metri, quasi come un palazzo di 10 piani e da 60 tonnellate di peso totali, che sarà oggetto di lavori di conservazione e restauro dalla seconda settimana di febbraio e che si concluderanno in dieci mesi.

Annunciato durante la conferenza stampa tenutasi nella sala stampa della Santa sede l’11 gennaio, l’intervento sull’opera di grande pregio artistico  e spirituale, avrà una tempistica serrata e scandita, dove nel calcolo sono finiti anche i tempi di approvvigionamento, montaggio e smontaggio delle opere provvisionali, e che potranno concludersi a dicembre 2024, poco prima dell’apertura della Porta Santa in vista del Giubileo del 2025.

Un intervento che coincide con i 400 anni dalla sua costruzione ovvero il «IV centenario della Dedicazione della nuova basilica vaticana, avvenuta il 18 novembre dell’anno 1626 con il papa Urbano VIII Barberini» come ha ricordato  il card. Mauro Gambetti, O.F.M. Conv., in veste di presidente della Fabbrica di San Pietro, nonché arciprete della basilica papale di San Pietro in Vaticano e vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, durante la conferenza stampa. Fu infatti Urbano VIII, nell’estate del 1624, ad affidare la realizzazione dell’opera al ventiseienne Gianlorenzo Bernini, architetto e scultore, coadiuvato dall’altro genio del Barocco Francesco Borromini.

Durante gli interventi di restauro, saranno comunque  garantite, le celebrazioni preso l’altare maggiore. Sarà l’Ordine dei Cavalieri di Colombo a finanziare interamente l’intervento, in continuità con quanto già fatto per la basilica per  il progetto di valorizzazione e nuova illuminazione della necropoli vaticana.

 Ma l’intervento di restauro, al di là della concomitanza di date,  risponde  soprattutto ad «una premurosa e doverosa sollecitudine di tipo conservativo»  ha sottolineato il card. Mauro Gambetti. All’inizio verranno effettuate indagini sullo stato di conservazione e degrado; mentre durante i lavori le indagini interesseranno gli interventi  e alla fine si raccoglieranno le informazioni sui materiali costitutivi e sulle tecniche di esecuzione. Innovativo, riguarderà, la gestione della documentazione tecnica, per cui è stato creato un solido rilievo geometrico del baldacchino che costituirà la base BIM-H (Building Information Modeling – Heritage) per l’archiviazione e gestione dei dati, grazie alla collaborazioni con Microsoft e con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco italiani.

La parte in legno, dorato o dipinto nelle parti a vista e grezzo in quelle strutturali, che costituisce il 20 per cento del baldacchino, vedrà l’intervento più cospicuo. In particolare, il  “Cielo del baldacchino”, presenta distaccamenti delle stratificazioni di colore nonché disconnessioni nel legno. Solo poco tempo fa, poi, la copertura lignea è stata oggetto di analisi con di un’interessante campagna di rilevamento fotografico fatta con i droni.

La parte di in metallo, bronzo e ferro, invece, necessiteranno invece interventi di pulizia. Lo stesso dicasi della parte in lapide (costituita da bianco di Carrara, nero d’Aquitania ed alabastro d’Egitto) che ricopre la muratura, appesantita da patine scure dovute a sostanze grasse e particolato atmosferico ormai inglobato. Tuttavia, sia la parte metallica quanto quella in lapide, sono state nei secoli soggette a continue manutenzioni e non presentano grandi criticità.

L’ultimo intervento sistematico sul baldacchino, e non occasionale, risale a 250 anni fa. Nel 1758, infatti, per tre mesi una squadra di operai e di maestranze specializzate che arrivò fino a sessanta persone al giorno, lavorarono alacremente su più fronti quali pulitura, consolidamento e messe in sicurezza di diverse componenti. Vennero, inoltre, risarcite e rifatte parti mancanti, soprattutto, le dorature. Tra le parti che subirono maggiori interventi, il “Cielo” con lo Spirito Santo, di cui sopra, che venne totalmente ridipinto e ridorato. Il restauro che si avvia allora, dovrà, confrontarsi anche con questi interventi storici e decidere di volta in volta, in una sorta di economia architettonica del monumento, se mantenere o eliminare tali interventi.

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