Ressa di nomi non fa rima con partecipazione
La Sicilia è una terra imprevedibile, nel bene e nel male; non lascia niente al caso e quand’anche cambia – il libro del Gattopardo lo ricorda sempre – lo fa per far restare tutto com’é.
Il prossimo 6 e 7 maggio ben 148 comuni siciliani su un totale di 390 andranno al voto. Di questi, 35 hanno una popolazione superiore ai 10 mila abitanti e 113 inferiore. Tre sono i capoluoghi di provincia che dovranno essere rinnovati: Palermo, Trapani e Agrigento.
Un dato, fra tutti, è interessante sottolineare: il crescente numero di candidati, che è da leggere come diretta conseguenza della voglia di partecipazione. Sicuramente è così seppur – fra i tanti tatticismi riscontrati in questa campagna elettorale – vi si possa leggere, talvolta, una motivazione non proprio nobile. Ad esempio si rincorre la visibilità o la necessità e la speranza di trovare negli apparati politici risposte ai bisogni anche economici dell’oggi. In Sicilia, poi, con la crisi in atto e le risorse della regione ridotte al lumicino, concorrere per uno scranno al consiglio comunale può davvero essere un’opportunità ambita più di un concorso pubblico.
Palermo è la più affollata di candidati (circa 1300 per cinquanta posti in consiglio comunale) e 11 candidati sindaco, uno ogni 113. Ma non sono meno affollate le competizioni elettorali di altre città, anche nel Nord Italia. L’Anci Toscana (associazione nazionale dei comuni italiani) prevede, per esempio, che nei trenta comuni in cui si andrà al voto, il numero dei candidati ha avuto un incremento del 22 per cento. A Isernia, in Molise, si contano 581 candidati e poco più di 20 mila abitanti. Un candidato ogni 34 elettori! Ad Alessandria, ben 16 candidati sindaco e 900 candidati al consiglio comunale. Un candidato ogni 100 abitanti. Lo stesso rapporto candidato/elettore si ha anche a Cuneo (600 candidati) e Catanzaro (850 candidati).
La voglia di partecipazione è forte, come forte è la presenza di diverse liste civiche. Segno che, al di là di tatticismi, si avverte la gravità del momento, e quindi la necessità di impegnarsi in modo concreto. Certo, non vogliamo passare per sprovveduti o per lettori distratti della realtà politica. Infatti siamo ben coscienti che il risultato elettorale di alcune città – e fra queste Palermo – assumono valenza regionale e forse anche nazionale. Naturalmente loro malgrado, perché questi comuni rischiano di dover sopportare il peso di divisioni e strategie che non sarebbero di per sé dettate da logiche locali.
Oggi le coalizioni e i partiti che le compongono stanno attraversando nuovamente una grande crisi, che non è per forza negativa o foriera di disgrazie. Ma come tutti i momenti di trasformazione, il nuovo nasce fra il rumore assordante del vecchio che sta morendo. Le nostre città stanno attraversando momenti bui e ripensare il patto fondativo di una nuova cittadinanza è urgente e opportuno. Le prossime elezioni amministrative possono rappresentare una linea di demarcazione, una scelta profetica nel ripensare e riprogettare una nuova comunità. Questo, peraltro, è uno dei compiti più affascinati della politica: dare anima e progetto ai sogni di una comunità!
Di tutto ciò mi sono persuaso grazie a un paio di accadimenti di questi giorni. Lo scorso 10 aprile, ad esempio, il ministro dell’Interno Cancellieri, ha fatto visita a Racalmuto, città natale di Leonardo Sciascia, il cui comune era stato sciolto per infiltrazioni mafiose nei mesi scorsi. La visita portava la testimonianza diretta della presenza dello Stato in un momento così difficile per la comunità. «Una rinascita possibile – ha auspicato il ministro – all’insegna della legalità per un paese nobile». Quindi la rinascita delle nostre città è un obiettivo possibile.
Giovedì 12 aprile, alla Camera dei deputati, nella Sala della Lupa, alla presenza del presidente della Repubblica, sarà ricordata la tragica morte dell’onorevole Pio La Torre e del suo autista, Rosario Di Salvo, uccisi a Palermo il 30 aprile 1982. Sarà l’occasione per presentare un archivio digitale promosso dalle presidenze delle Camere e dalla Commissione parlamentare antimafia, su iniziativa del Centro Studi Pio La Torre, che conterrà gli atti processuali, gli scritti, i video, le foto e la rassegna stampa dell’epoca.
Infine il vescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, ha scritto in questi giorni una lettera alla sua comunità invitandola «a non accettare nessun compromesso con il male. Non dobbiamo esitare a sfidare – ha scritto Montenegro – una certa mentalità mafiosa. Proprio dalle macerie di certe esperienze, come dal sepolcro vuoto, può rinascere la vita, può ripartire la resurrezione, può sbocciare la speranza».
Auguri, quindi, alle nostre comunità impegnate in questa tornata elettorale e, visto che tra qualche giorno ricorre l’anniversario dell’uccisione di La Torre, è bene ricordarne lo spirito di servizio disinteressato, di siciliano che rifiuta l’opportunismo che altri fanno assumere a regola del proprio comportamento politico. Lui ha sempre creduto nella capacità della sua gente di liberarsi dalla violenza e dall’ingiustizia. La rinascita delle nostre comunità è davvero un obiettivo possibile.