Respinti sul confine francese, cronaca da Ventimiglia
La pioggia scende spessa e rende notevolmente cupo tutto il paesaggio. Al mare è così, basta poco e tutto si mette silenzioso.
Gli ombrelli nascondono i volti delle donne che vanno a fare la spesa. Le giacche a vento trasformano i bimbi che tornano da scuola in personaggi goffi. Il vento con tutta la sua forza sputa la pioggia in volto e gli occhiali diventano un fastidio terribile.
Ventimiglia sotto il maltempo. La costa, il lungomare, la passeggiata è tutta un’altra cosa rispetto alle giornate di sole di qualche settimana fa. E sotto la pioggia in infradito Kansbar, Ksathra, Shatrevar procedono smarriti, e certamente senza sapere più di tanto dove andare.
La città di frontiera ha cambiato i suoi ospiti. Ora, qui, per passare in Francia arrivano molto meno dal nord Africa, mentre sono numerosi coloro che giungono dalla rotta balcanica. E sono iracheni, pachistani, indiani. Tentano di passare il confine ma come sempre il più delle volte vengono brutalmente respinti.
Secondo il resoconto pubblicato lunedì 14 ottobre dai ragazzi del collettivo Kesha Niya, presente al confine, nel novembre 2019 ben 1.536 persone sono state respinte in Italia, tra questi 59 minori non accompagnati, 9 erano bambini molto piccoli e 46 donne, alcune delle quali erano incinte.
«Questi numeri – scrivono nel resoconto – non includono quelli che sono stati portati via in macchina dalla Croce Rossa o dalla Polizia, o le persone che sono passate mentre non eravamo presenti. Ogni due settimane sono state viste circa 20 persone a bordo del pullman per la deportazione a Taranto. Ci sono state alcune occasioni in cui più persone del solito sono venute alla nostra distribuzione della cena, a volte il numero ha superato le 100 persone».
Mentre nella settimana dal 27 ottobre al 2 novembre scrivono ancora i ragazzi del Kesha Niya «abbiamo incontrato 565 persone al confine italo-francese a Grimaldi inferiore, che sono state fermate dalla polizia francese e poi respinte verso l’Italia. È stato nuovamente superato il numero più alto che abbiamo registrato dall’inizio della raccolta dati. Sappiamo anche di altre 6 persone che sono state respinte ma con le quali non siamo entrati direttamente in contatto. Queste sei persone sono andate a Ventimiglia con l’autobus, la Croce Rossa o la polizia italiana. Ci sono stati quindi almeno 571 respingimenti. Il numero di persone menzionate (565/571) include 14 minori non accompagnati, 18 donne (di cui una in cinta), 5 bambini e un minore non accompagnato che la polizia italiana ha riportato in Francia senza bisogno del nostro intervento».
I giovani del Kesha Niya sono un bel gruppetto, arrivano da vari Paesi dell’Europa e qui a Ventimiglia fanno un periodo a servizio delle persone in difficoltà, sono presenti dalla primavera del 2017 e offrono informazioni alle persone migranti, sui loro diritti e sui servizi a cui possono accedere nella città di Ventimiglia.
Dall’estate del 2018 portano anche cibo e bevande sul lato italiano della frontiera, dove le persone migranti respinte dalla Francia transitano per rientrare a Ventimiglia.
La loro postazione è a pochi metri dal confine di Ponte S. Luigi, con Menton. Si sono sistemati al riparo di un muro che protegge dalla pioggia e dal vento. Il loro bagaglio è una bombola del gas per far funzionare un fornello su cui scaldare cibo e bevande. Una batteria portatile a cui allacciare i caricabatteria per i telefoni cellulari e dei depliant contenenti le informazioni utili per chi deve passare qualche giorno a Ventimiglia. Con le proprie auto poi accompagnano i migranti al Campo della Croce Rossa. Anche alla mensa della Caritas sono aumentati i pranzi che ogni giorno vengono serviti.
«Ci avviciniamo nuovamente ai cento coperti» dice Sandro, il cuoco». E le prospettive sono in aumento. «Praticamente tutti i giorni – scrivono i giovani del Kesha Niya – stiamo ricevendo resoconti di violenze e furti da parte della polizia francese: sono abituali gli episodi in cui le persone vengono insultate, prese a schiaffi o gasate con lo spray al peperoncino in spazi chiusi. Quando vengono riconsegnati i loro effetti personali, ad alcune persone mancano centinaia di euro, oppure non vengono riconsegnati i telefoni, o viene impedito di raccogliere le proprie cose».
Il nostro è un servizio concreto, semplice che facciamo a coloro che soffrono e sono meno fortunati di noi, ci dice una ragazza della Spagna:«se hai una settimana o più di tempo libero, contattaci: abbiamo bisogno di volontari. E farai un’esperienza davvero forte».