Il relitto di una nave romana nel mare di Sicilia

Il ritrovamento al largo di Isola delle Femmine, comune del palermitano. Nell’imbarcazione c’erano numerose anfore, forse utilizzate per il trasporto del vino. Lo studio delle rotte commerciali del Mediterraneo

Il relitto di una nave romana del II secolo a.C. nei fondali di Isola delle Femmine, a Palermo. I resti dell’imbarcazione giacciono a 92 metri di profondità al largo della costa del piccolo comune palermitano che deve il suo nome all’isolotto antistante la costa, detto anche “Isola di fuori”.

Il ritrovamento è avvenuto nell’ambito di una campagna di monitoraggio svolta con il Rov, un robot guidato da remoto- La ricognizione è stata effettuata dal personale della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana a bordo della nave oceanografica Calypso South dell’Arpa Sicilia: una missione congiunta che ha prodotto dei risultati.

Le prime immagini rilevate dai tecnici dell’Arpa (Agenzia regionale per la Protezione dell’Ambiente), sono quelle di un vasto carico di anfore, della tipologia Dressel 1 A, destinate al trasporto del vino. L’imbarcazione potrebbe essere quindi una nave mercantile sulle rotte che dalla Sicilia portavano verso le altre zone dell’Italia.

Il ritrovamento ha destato molto interesse, anche se in Sicilia la presenza di reperti subacquei non è una novità e conferma che l’isola, per la sua particolare posizione al centro del Mediterraneo, fosse crocevia di molte rotte commerciali e non solo.

Il ritrovamento segue di qualche settimana quello che si era registrato, all’inizio di maggio, al largo dll’isola di Ustica, che qualcuno vorrebbe far diventare una sorta di museo sottomarino. Anche il relitto di Ustica si può fare risalire allo stesso periodo e giace a 80 metri di profondità.

Valeria Li Vigni, moglie dell’archeologo ed ex assessore regionale Sebastiano Tusa, che oggi guida la Soprintendenza del mare, commenta: «Il Mediterraneo ci restituisce continuamente elementi preziosi per la ricostruzione della nostra storia legata ai commerci marittimi, alle tipologie di imbarcazioni, ai trasporti effettuati, alle talassocrazie, ma anche dati relativi alla vita a bordo e ai rapporti tra le popolazioni costiere. Il ritrovamento, insieme a quello di Ustica, conferma la presenza di numerose permanenze archeologiche nelle fasce batimetriche oltre i 50/80 metri, che ci stimolano a proseguire le nostre ricerche in alto fondale in sinergia con le competenze  dei tecnici dell’Arpa, che continuerà a produrre esiti eccellenti».

 

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