Religiosità popolare fuori moda?

Un’esperienza di immersione nel genuino fervore degli abitanti di Lima. Orientare, purificare, accompagnare il processo di inculturazione

Tre mesi fa, la mia prima visita a Lima, bella capitale del Perù, iniziò dalla “Plaza Mayor” o “Plaza de Armas”, fondata nel 1535 su decreto del re di Spagna Carlo V. Rimasi, allora, impressionato dalle sue dimensioni e dalla bellezza dei suoi edifici coloniali, patrimonio dell’umanità. In quell’occasione l’ammirai con gli occhi del turista.

Festa di religiosità popolare a LimaOggi, in occasione di una celebrazione religiosa che ha origini nel 1572, è stato diverso. Questa mattina la “Plaza” si presentava nella sua vera natura, e cioè come uno spazio che raccoglie tutti insieme con le varie espressioni artistiche, civili, popolari, festive, religiose della gente. Ora la “plaza” è tutta un’altra cosa, non più un bel museo a cielo aperto da ammirare, ma “il luogo della città e della gente” che se ne appropria perché le appartiene. Oggi era colma di fedeli cristiani che esprimevano una genuina religiosità popolare.

Bisogna considerare che il cristianesimo è arrivato insieme ai “conquistadores” agli inizi del XVI secolo ed è stato subito accolto dagli abitanti del posto. Basta citare la mistica Rosa di Lima (1586-1617), prima santa del “Nuovo mondo”, e Martín de Porres (1579- 1639), anche lui “limeño”, primo santo afro-americano.

Mi si potrebbe obiettare che la “pietà popolare” è qualcosa di superato, un’espressione passata di moda. A chi la pensa così, vorrei fare un invito: presenziare (non dico partecipare) a una celebrazione “in piazza” dove – anche senza volerlo – si viene conquistati dal genuino fervore dei presenti. Mi riferisco in particolare ai numerosi turisti provenienti dall’Europa, il continente che ha donato il cristianesimo a questi popoli: questi turisti ricevono ora, proprio dalla gente del posto, quel fervore semplice, ma autentico, un po’ perso nel “vecchio mondo”, eppure ancora desiderato.

Festa di religiosità popolare a LimaSono stato colpito dai meravigliosi tappeti realizzati con i fiori sulla strada, a cura delle confraternita. Veri capolavori che durano solo qualche ora perché, a celebrazione conclusa, la “Plaza” deve restare pulita, pronta per nuovi usi. Mi sono avvicinato a un gruppo di uomini vestiti completamente d’azzurro. Mi hanno detto di far parte della “Confraternita Emergencias”, nata 360 anni fa! Sono stato contagiato dai canti e dall’entusiasmo dei numerosi giovani, ma anche dei giovani religiosi e religiose, dalle famiglie con i bambini, dai rumorosi gruppi parrocchiali e dai vari movimenti ecclesiali, dal colorito gruppo di danze ancestrali arrivato appositamente dal Cuzco, cuore dell’antico impero degli Incas. Di fronte alla “realtà che è sempre superiore allo spazio”, come afferma papa Francesco, mi sono posto la domanda: queste manifestazioni religiose di popolo sono ancora attuali?

Ho ricevuto risposta dagli stessi ultimi papi, che al tema hanno dedicato molta attenzione. «La religiosità popolare, se ben orientata – diceva s. Paolo VI, nell’Evangelii nuntiandi, 48 –, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo …».

Anche Benedetto XVI ne ha parlato nel 2011 ai partecipanti della Pontificia Commissione per l’America Latina: «la ricca e profonda religiosità popolare caratterizza il vissuto di fede dei popoli latinoamericani, costituisce il tesoro prezioso della Chiesa cattolica in America Latina, che essa deve proteggere, promuovere e, se necessario, purificare».

Il papa latinoamericano, poi, ne ha parlato in diverse occasioni. Già nel primo anno del suo pontificato, negli Insegnamenti sulla liturgia, scrive: «È imperioso il bisogno di evangelizzare le culture per inculturare il Vangelo. Nei Paesi di tradizione cattolica si tratterà di accompagnare, curare e rafforzare la ricchezza che già esiste (…), per approfondire il processo di inculturazione che è una realtà mai terminata». Quindi orientare, purificare, accompagnare, ecco le parole chiave.

A conclusione della gioiosa celebrazione, il vescovo invita a “portare Cristo per le strade”, non solo simbolicamente durante la processione che si svolge in quello scenario magnifico, ma “ogni giorno, sul cammino che ognuno si troverà a percorrere”. Ecco la declinazione del rito popolare all’agire quotidiano della propria fede.

Nel novembre scorso, papa Francesco si rivolse ai responsabili dei santuari con una battuta: «[La pietà popolare] è il sistema immunitario della Chiesa, ci salva da tante cose!». Dalla “Plaza Mayor” si parte un po’ liberati da tanta polvere accumulata e più decisi ad affrontare le sfide della vita, a servire più che ad essere serviti.

 

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