Religioni unite per la pace
In questi giorni si svolgerà a Vienna la IX Assemblea generale di Religioni per la pace, che vedrà riuniti nella capitale austriaca circa seicento delegati da tutte le parti del mondo, in rappresentanza non solo di aree geografiche quanto di modi di credere e di culture che esprimono diversamente il loro anelito per l’Assoluto. Saranno rappresentate, infatti, una costellazione di fedi e culture religiose: baha’i, buddhisti, cristiani, ebrei, giainisti, hindù, religioni indigene e tradizionali, musulmani, sikh, shintoisti e zoroastriani. I partecipanti sono chiamati a riflettere sull’ostilità verso l’altro, colui che non è come me o come noi.
«Ognuna delle nostre fedi e tradizioni religiose ci invita, come uomini che credono, ad accogliere l’altro», ha dichiarato William Vendley, segretario generale di Religions for Peace. «Questa assemblea – sottolinea un comunicato stampa – offre una opportunità alle diverse comunità religiose di lavorare insieme per contrapporsi alla crescente ostilità sociale contro l’altro. Si tratta, spesso, di un atteggiamento o di una serie di atteggiamenti che portano, poi, a forme di intolleranza e, spesso, di vera violenza».
Religioni per la pace, nata come Conferenza mondiale delle religioni per la pace, opera dal 1970, anno della sua fondazione, per favorire processi di pace e trovare risposte alle questioni scottanti dell’umanità. Proprio qui sta l’intuizione lungimirante dei padri fondatori – fra questi possiamo ricordare l’arcivescovo di Nuova Delhi (India), mons. Angelo Fernandes, e il fondatore del movimento buddhista della Rissho Kosei kai, Nikkyo Niwano – che hanno voluto proporre già quarant’anni fa la religione come mezzo di incontro e di pace piuttosto che di scontro e conflitti.
«Welcoming the other» (accogliere l’altro) si pone oggi come una sfida in un mondo dove, a causa dei processi migratori e della globalizzazione, tutti noi, come individui e comunità, ci troviamo a confrontarci con popoli, culture, modi di credere e riti religiosi, oltre che costumi sociali, che, fino a qualche decennio fa, erano oggetto di studio o di letture, senza che ci sfiorassero minimamente.
Tutti sappiamo che in diverse parti del mondo esistono, fra l’altro, discriminazioni fondate sulla religione. Le statistiche dicono che circa il 75 per cento della popolazione mondiale (quasi 5 miliardi e mezzo di persone) vive in Paesi dove esistono restrizioni diversificate di carattere religioso o è presente un'ostilità sociale chiara e marcata che comprende e investe il fattore religioso. Spesso, poi, soprattutto nell’ultimo decennio, l’intolleranza si presenta con la maschera della sicurezza nazionale o di comunità e gruppi a spese di altri che sono oggetto di attacchi e violenze.
La conferenza di Vienna intende segnare un passo avanti deciso nel tentativo di mettere in evidenza l’importanza di proteggere la dignità umana, in tutte le sue forme ed espressioni, e per tutti gli essere umani a qualsiasi livello.
Fra i partecipanti e gli invitati spiccano nomi di grande rilievo a livello internazionale, leader religiosi provenienti da diverse parti del mondo, ma soprattutto si vuole mettere in evidenza quanto si opera già per accogliere chi non è come noi. Per questo diverse tavole rotonde e alcuni workshop favoriranno anche la condivisione di quelle buone prassi che incoraggiano verso un futuro dove ognuno possa essere accolto per quello che è: un essere umano.