Religioni e pace. Fuori dalla logica della guerra

Il senso di un percorso iniziato ad Assisi nel 1986 per costruire legami di accoglienza e affrontare le nuove sfide, tra conflitti, migrazioni e terrorismo. Con papa Francesco parteciperanno anche i premi nobel della Pace, dallo Yemen alla Tunisia
Assisi

Nell'articolo Sete di pace. Ad Assisi 30 anni di religioni e culture si è sottolineato che, a 30 anni dalla prima giornata di dialogo sulla pace indetta ad Assisi da papa Giovanni Paolo II, oggi siamo di fronte a problemi diversi rispetto a ciò che è accaduto immediatamente dopo il 1986, perché siamo entrati nell’era della globalizzazione e dobbiamo affrontare pericoli come quelli del terrorismo. In tale contesto lo spirito di Assisi è ancora più prezioso e decisivo. 

 

Non si possono ignorare, infatti, i fenomeni migratori, che non colpiscono solo l’Europa, ma che sono anzi presenti in modo ben più consistente in altri scenari, come il Medio Oriente, l’America Latina e l’Asia. Questi contesti, riflette ancora una volta il card. Parolin, portano «genti di religione o di etnia diversa» a convivere e, in generale, tutti siamo sempre più «destinati a incrociarci con chi è diverso da noi» in un mondo dove è sempre più evidente «la ricchezza di pochi e la miseria di tanti, come spesso ci suggerisce papa Francesco».

 

Questa convivenza tra gruppi eterogenei è purtroppo accompagnata da «fenomeni preoccupanti che sono sotto i nostri occhi: individualismi irresponsabili, tribalismi difensivi, nuovi fondamentalismi, terrorismo». Se, quindi, da un lato Assisi 1986 ha fatto da apripista a quella «arte del convivere così necessaria in una società plurale come la nostra», dall’altro nel corso di questi tre decenni ci si è resi sempre più conto che «le religioni non hanno la forza politica per imporre la pace ma, trasformando interiormente l’uomo, invitandolo a distaccarsi dal male, lo guidano verso un atteggiamento di pace del cuore». Ogni religione, nessuna esclusa, «ha un’energia di pace, che deve liberare e manifestare».

 

Proprio su queste grandi sfide si confronteranno più di 500 leader di diverse tradizioni religiose e culturali nel corso di 29 tavole rotonde e forum che toccheranno aspetti scottanti: migrazioni, salvaguardia dell’ambiente, terrorismo, fondamentalismo religioso, integrazione sociale e convivenza.

 

Ad Assisi 2016 interverranno, oltre ai leader religiosi, anche protagonisti della nostra epoca a livello di pensiero e di politica. Fra loro merita ricordare il sociologo Zygmunt Bauman, la cattolica nordirlandese Mairead Maguire, nobel per la Pace 1976, il presidente emerito di Polonia e leader di Solidarnosc Lech Walesa, nobel per la Pace 1983, l’attivista americana per i diritti umani e direttrice della campagna sulle mine antiuomo Jody Williams, nobel per la Pace 1997, la leader della Primavera araba in Yemen Tawakkul Karman, nobel per la Pace 2011, Hassine Abassi e Amer Meherzi, componenti il quartetto tunisino vincitore del Premio Nobel 2015. Fra le autorità politiche e istituzionali, oltre al presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e a vari ministri del nostro governo, saranno presenti il presidente dell’Assemblea nazionale della Repubblica del Sudafrica, Baleka Mbete, che vive una fase di transizione, e Cesar Alierta, dell’associazione spagnola ProFuturo che promuove progetti di educazione per i giovani in Africa attraverso la diffusione di computer.

 

In definitiva sarà un'esperienza unica per convincere se stessi e l’opinione pubblica che la pace è sempre possibile e che le religioni non sono dalla parte dei problemi ma, piuttosto, della soluzione, come ha dichiarato mons. Sorrentino, vescovo di Assisi, che ha fortemente voluto che il convegno di quest’anno si tenesse nella città di Francesco. «Non vogliamo fare un’insalata di esperienze religiose», bisogna concentrarsi piuttosto sull’«aspetto unitivo e pedagogico di un cammino comune», senza alcun «sincretismo o relativismo che nessuno vuole», ha chiarito il vescovo.

 

La presenza di papa Francesco è una garanzia perché questo accada e perché possa essere trasmessa quella "esperienza dell’incontro" che papa Bergoglio vede come fondamento per un dialogo costruttivo fra gli uomini e le donne di fede e che costantemente coniuga con la coscienza che nessuno può rivendicare il possesso della Verità, perché «è la Verità a possederci».

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