Relazioni amorose pericolose
Le relazioni amorose non nascono violente, lo diventano nel tempo e per fasi. Spesso chi sta accanto coglie per primo segnali che stonano, che risultano incomprensibili come gelosie, divieti, false interpretazioni, piccole intonazioni nella voce che segnalano ciò che non si deve fare ed il confine da non superare, fino ai tentativi di escludere altri tipi di legami e contatti.
Il modo in cui questa violenza si esprime nella diade è differente e varia dalla fase di vita della coppia e da chi la esprime. Essa può essere verbale o fisica, sessuale o riguardare atti di trascuratezza o di persecuzione. E può riguardare sia uomini che donne sebbene la letteratura e la casistica sono abbondantemente sbilanciate sul numero di casi che riguardano le donne.
Ma cosa fare quando ci si trova dentro una relazione che può divenire pericolosa?
La prima cosa è non pensarsi soli. Questo è quello che generalmente chi assume il ruolo di carnefice in una relazione che ha una base violenta vuol far credere alla vittima. Cadere nell’isolamento fisico e mentale sarebbe molto pericoloso.
Mantenere il contatto ed il confronto con gli altri. Per quanto faticoso ed a tratti anche rifiutato è importante per chi si trova in una relazione che ha le premesse per divenire violenta non isolarsi né mentalmente né fisicamente.
Non chiudersi in una prospettiva da salvatore/crocerossina. Nessuno può essere salvato se prima non riconosce di avere un problema e fa azioni coerenti per farsi aiutare professionalmente.
Divenire consapevole di quali meccanismi che appartengono a sé si incastrano con quelli del partner. I bisogni e le paure che tengono insieme i membri della coppia sono speculari, ognuno rinforza un aspetto dell’altro.
Reinterpretare i sentimenti comuni di paura o vergogna. La paura non dovrebbe essere tanto delle ripercussioni che il partner potrebbe subire o che dal partner si potrebbero subire, bensì di come personalmente ci si sta trasformando. La vergogna si genera per una falsa interpretazione della situazione in cui si ritiene di “non andare bene”. Nel fare qualcosa per proteggersi e nel riattivare quella forma di sano amore verso sé stessi, non ci può essere vergogna.
Reimparare a gestire i confini tra sé e l’altro. Un eccesso di preoccupazione per l’altro a discapito di sé manca di un equilibrio di base. È importante riappropriarsi dei propri pensieri e non temere di lasciar emergere le differenze. Dire in maniera chiara cosa va e cosa non può funzionare. Indicare all’altro il limite oltre il quale non ci può essere spazio di continuità e di vicinanza. Non lasciarsi frenare dal timore di nuocere all’immagine dell’altro.
Comprendere il senso di colpa. Questo sottile vissuto fa da sfondo a molte relazioni conflittuali ed è un indice molto importante per comprendere il dinamismo interno ai partner. Talvolta si tratta di coppie in cui questo vissuto viene scaricato vicendevolmente l’uno sull’altro, altre volte è unidirezionale. Le prime sono coppie altamente conflittuali, nelle seconde è avvenuta una suddivisione dei ruoli e del potere nella coppia. In ogni caso il senso di colpa come vissuto indotto, è un segnale che la relazione è divenuta manipolativa.
Questi comportamenti possono essere attuati nelle fasi in cui emergono i primi segnali, quando possono ancora essere determinanti nello scegliere di proseguire o meno la relazione. Diventa invece più complicato intervenire quando la relazione diventa violenta ed il circuito vittima-carnefice si afferma. In questo caso è molto difficile che chi è nel ruolo di vittima riesca a mantenere quella chiarezza di pensiero che gli permetterebbe di distinguere l’aggrovigliato mondo di pensieri, emozioni, vissuti e azioni personali e quelle dell’altro. La dipendenza psichica che si instaura tra i due rende in questa fase impossibile qualunque intervento esterno fintanto che non si verifica un evento limite.
Una prevenzione efficace è “teoricamente” possibile e coinvolge anzitempo l’intero assetto familiare e socio-ambientale in cui l’educazione affettivo-sessuale e lo sviluppo psico-emotivo delle persone si inseriscono. Questa compagine comprende così tante variabili che nella vita reale per lo più sfuggono al controllo, ma alle quali per quanto possibile si può dare attenzione in svariati modi: attraverso scelte personali e familiari, stili di vita, modi di utilizzo del tempo e spazi per la riflessione comune.
In questo senso non dovrebbe mai mancare, a mio avviso, la consapevolezza che accanto alla libertà di scelte personali dei vari attori coinvolti, secondo la teoria dell’apprendimento per modeling (cioè per osservazione) ciascuno nel proprio contesto assume in ogni caso un ruolo di “modello”.